> > Meloni indagata per Almasri, il rimpatrio che paralizza il Parlamento

Meloni indagata per Almasri, il rimpatrio che paralizza il Parlamento

camera-test-sierologici

Il caso del generale libico Almasri, accusato di crimini contro l'umanità: tutte le implicazioni politiche e giudiziarie in Italia

Il generale libico Nijeem Osama Almasri, accusato di crimini contro l’umanità alla corte dell’Aja e coinvolto in atrocità legate a centri di detenzione, ha scatenato un terremoto politico e giudiziario in Italia. Il militare, uomo dei servizi segreti libici (ma legato anche alla Cia e al Mi6 britannico) oggi alla guida della Rada, una delle milizie più potenti in Tripolitania, è accusato di torture, violenze e strupri nella gestione del carcere di Mitiga, dove vengono reclusi i presunti terroristi. Da tempo messo sotto “sorveglianza discreta” dalla Corte Penale Internazionale, Almasri tra il 6 e il 13 gennaio si è spostato da Tripoli a Londra, Bruxelles, Bonn e Monaco. Il 18 gennaio è stato fatto oggetto di un mandato d’arresto internazionale, emesso dalla CPI e rilanciato con una Red notices dall’Interpol, ed è stato arrestato dopo il suo sbarco in Italia, a Torino, dove era andato allo stadio a vedere una partita di calcio della Juventus.

Almasri, arresto, scarcerazione e rimpatrio: implicazioni penali

Dopo essere stato arrestato è stata presa la controversa decisione di rimpatriarlo. Stando alle ricostruzioni, l’arresto di Almasri da parte della Digos (Direzione Investigativa Generale della Sicurezza) è stato effettuato senza il necessario impulso della Procura generale di Roma, competente in casi di crimini contro l’umanità. Un aspetto che rappresenta una violazione procedurale, poiché secondo la legge, per eseguire un arresto, in questi casi, è fondamentale che il Ministero della Giustizia avvisi la Procura con largo anticipo, cosa che, secondo gli uffici del dicastero, non sarebbe avvenuta il 18 gennaio.

Anche nei giorni successivi però, il Ministero della Giustizia non avrebbe inviato alcuna comunicazione alla Procura generale. Un silenzio reiterato che, il 21 gennaio, ha portato alla liberazione di Almasri da parte della Corte d’appello, che ha dovuto rimetterlo in libertà per mancanza di elementi procedurali corretti.

Un ulteriore aspetto che aumenta la complessità della vicenda riguarda il rimpatrio del generale, avvenuto con l’utilizzo di un Falcon, un aereo di Stato. Nonostante l’ordine di scarcerazione sia stato emesso solo nel pomeriggio del 21 gennaio, l’aereo era già atterrato alle 11 dello stesso giorno, per garantire il ritorno in Libia di Almasri (“per urgenti ragioni di sicurezza”, come dichiarato dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, considerata la pericolosità del soggetto). Tuttavia, la sincronizzazione degli eventi solleva molti dubbi: il collegamento tra la liberazione e il rimpatrio di Almasri potrebbe far pensare infatti che l’azione fosse stata programmata, per quanto non conforme alle procedure legali standard.

Meloni indagata per favoreggiamento e peculato

La scelta di favorire il ritorno in Libia del generale-torturatore ha finito dunque per sollevare un’indagine della Procura di Roma, che coinvolge direttamente i vertici del governo: il premier Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano, come Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica.

A innescare l’indagine sul governo per la scarcerazione e il rimpatrio di Almasri, nonostante l’ordine internazionale di arresto, è stata la denuncia presentata alla Procura di Roma dall’avvocato di origine calabrese Luigi Li Gotti, ex sottosegretario del governo Prodi II e noto per essere stato il legale di boss mafiosi di primo piano come Tommaso Buscetta e Giovanni Brusca. «Ho ritenuto che il governo sul caso Almasri abbia detto bugie. Potevano opporre sul segreto di Stato e la storia sarebbe finita lì, invece ci hanno preso in giro, nascondendosi dietro un cavillo» così Li Gotti ha spiegato la sua scelta di denunciare “in astratto” Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovano, dopo aver appreso dai giornali la notizia della scarcerazione del generale libico e le relative spiegazioni (per lui non convincenti) dei ministri interessati.

Il governo italiano è accusato, dunque, di favoreggiamento nei confronti del generale libico e peculato per l’uso del Falcon utilizzato per il rimpatrio. La Procura di Roma, rappresentata dal procuratore capo Francesco Lo Voi, giustificandolo come “un atto dovuto” ha trasmesso la denuncia di Li Gotti al Tribunale dei Ministri, come impone la legge costituzionale nel caso di presunti reati commessi da membri del governo e del parlamento nell’esercizio delle loro funzioni.

Caso Almasri, la linea difensiva del governo

L’interrogativo degli organi giudiziari è se l’esecutivo potrebbe aver violato gli obblighi derivanti dallo Statuto di Roma, che obbliga gli Stati a cooperare con la CPI nella cattura di individui accusati di crimini gravi. La linea di Palazzo Chigi però, è stata netta: in risposta alle accuse, il governo ha definito la vicenda come «un’azione legittima per la sicurezza nazionale» rintuzzando quelli che considera attacchi strumentali.

Dietro la decisione di lasciare andare il capo del gruppo armato Rada ci potrebbero essere state, tuttavia, le pressioni esercitate dalla Libia anche mediante un uso strumentale dei flussi migratori che negli ultimi 15 giorni sono inaspettatamente aumentati (3.354 i migranti approdati dalle sponde libiche in Italia in due settimane).

La premier Giorgia Meloni ha scelto di non rilasciare spiegazioni in merito all’indagine aperta contro di lei (anche se in realtà, non risulta formalmente indagata), limitandosi a una breve comunicazione tramite un video sui social. Nonostante la sua posizione ufficiale di non essere coinvolta direttamente, il caso ha comunque avuto un forte impatto sul suo governo. A scuotere ulteriormente la scena politica è stato il fatto che il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, abbiano annullato le informative previste in Parlamento per spiegare le ragioni che hanno portato alla liberazione e al rimpatrio di Almasri.

La maggioranza di centrodestra, che sostiene l’esecutivo, ha scelto di schierarsi con veemenza a favore dell’operato del governo, criticando aspramente la Procura di Roma per l’apertura dell’indagine, ribattezzata come “atto voluto” e non “atto dovuto” come invece aveva spiegato Lo Voi. Una difesa che ha acuito ulteriormente il conflitto , dando origine a una vera e propria battaglia mediatica tra politica e magistratura. Durante una trasmissione televisiva, il Tg1 ha persino riportato un carteggio in cui il sottosegretario Alfredo Mantovano nega l’utilizzo dei voli di Stato per gli spostamenti del procuratore capo Lo Voi tra Roma e Palermo, lasciando così intendere che dietro la decisione del giudice ci sia potuta essere una ritorsione personale per il diniego subito.

Parlamento bloccato e opposizioni sull’Aventino

Le opposizioni, dal canto loro, hanno preso una posizione aventiniana, sospendendo i lavori parlamentari fino al 4 febbraio e chiedendo spiegazioni immediate al governo. Elly Schlein (Pd), Giuseppe Conte (M5S) e Riccardo Magi (+Europa) hanno accusato l’esecutivo di voler nascondere la verità per proteggere le proprie scelte politiche. L’accusa è di strumentalizzare la vicenda per non affrontare un dibattito trasparente. Il blocco del Parlamento trascina con sé anche il rinvio del voto per l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale, a testimonianza dell’impasse istituzionale creato dal caso.

Il governo, sostenuto dalla maggioranza, ha scelto di affrontare la vicenda con una linea di fermezza. La difesa legale è stata affidata a Giulia Bongiorno, una delle avvocate più note in Italia, già protagonista nel caso Open Arms.

Il Tribunale dei Ministri: come funziona

Il Tribunale dei Ministri, impegnato in un’indagine che prevede l’acquisizione di documenti, testimonianze e atti giudiziari, è un organo giudiziario speciale che si occupa di processare i membri del governo e i parlamentari per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Quando un indagato è un ministro o un sottosegretario, la giurisdizione passa appunto a questo tribunale, il quale, in prima istanza, esamina i fatti e determina se ci siano i presupposti per un’eventuale autorizzazione a procedere con il processo. Se il Tribunale, i cui componenti vengono scelti per sorteggio tra i giudici di Corte d’Appello civili e penali, ritiene che vi siano elementi sufficienti, inoltra la richiesta al Parlamento, dove una componente qualificata decide se consentire o meno l’azione penale.

La sua funzione è quindi quella di separare la giurisdizione ordinaria da quella politica, assicurando che i rappresentanti delle istituzioni non possano essere processati senza il consenso delle Camere, una garanzia di indipendenza politica per i membri del governo.

Il collegio deciderà se archiviare il caso o procedere. In caso emergano prove concrete di reato, sarà infatti il Parlamento a decidere se autorizzare o meno l’inizio di un procedimento. Poiché il governo gode di una solida maggioranza parlamentare, le aspettative politiche tendono a favore di una difesa collettiva, ma le tensioni tra il governo e la magistratura potrebbero complicare la situazione, rimanendo al centro del dibattito pubblico e influenzando anche il più ampio panorama politico.

Avviso di garanzia Meloni, conseguenze politiche e geopolitiche

Le implicazioni del caso Almasri, in effetti, sono assai ramificate. Il caso è esploso infatti proprio nel bel mezzo di uno scontro già durissimo tra l’esecutivo e i magistrati sulla riforma della giustizia che prevede la separazione delle carriere, tema caldo che sta diventando una delle principali questioni sul tavolo. In ambito internazionale, il caso Almasri ha attirato l’attenzione della Corte Penale Internazionale, ma anche di paesi come Germania e Regno Unito, con cui l’Italia ha collaborato in passato per limitare gli sbarchi dalla Libia. Tuttavia, tali collaborazioni hanno suscitato polemiche per il loro legame con milizie accusate di gravi violazioni dei diritti umani.

La vicenda Almasri rappresenta a questo punto un delicato snodo tra sicurezza nazionale, diritti umani e relazioni internazionali. Il governo italiano, che adesso è alle prese con l’indagine giudiziaria, si trova di fronte a un dilemma ben più grande: come tutelare gli interessi nazionali senza compromettere l’immagine dell’Italia come paese che rispetta le leggi internazionali?