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Una carriera diplomatica di alto profilo
María del Socorro Flores Liera, giudice della Corte Penale Internazionale (CPI), ha costruito una carriera diplomatica di grande prestigio, iniziata nel 1992. La sua esperienza spazia da rappresentante del Messico alle Nazioni Unite fino alla sua elezione alla CPI nel 2021. La sua lunga carriera è caratterizzata da un impegno costante per i diritti umani e la giustizia internazionale, ma recentemente ha attirato l’attenzione per la sua posizione contraria al mandato d’arresto internazionale per Osama Njeem Almasri.
Il controverso parere sulla giurisdizione della CPI
Flores Liera ha presentato una “dissenting opinion” nel documento che richiede l’arresto del criminale libico, diventando l’unica giudice a opporsi alla decisione del collegio. Nei 17 capitoli della sua opinione, la giudice sostiene che la CPI non avesse giurisdizione sui crimini attribuiti al comandante libico. Secondo lei, gli eventi successivi alla morte di Gheddafi non sono direttamente correlati a quelli che hanno portato al deferimento del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Questa posizione ha sollevato un acceso dibattito, con il ministro della Giustizia italiano, Carlo Nordio, che ha definito la situazione un “pasticcio”.
Un percorso accademico e professionale di eccellenza
María del Socorro Flores Liera, che compirà sessant’anni a settembre, ha conseguito la laurea in legge all’Università Iberoamericana e si è specializzata in diritto internazionale presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico. La sua carriera l’ha vista coinvolta nella creazione della CPI, dove ha ricoperto ruoli di responsabilità, tra cui quello di prima responsabile dell’ufficio di collegamento alle Nazioni Unite. Ha anche ricoperto incarichi di rilievo nel ministero degli Esteri messicano, dove ha gestito affari regionali e globali.
Impegno per la giustizia internazionale
Nel corso della sua carriera, Flores Liera ha affrontato numerosi casi di diritto internazionale e diritti umani, pubblicando lavori significativi sulla legge sui crimini internazionali e sul cambiamento climatico. Come giudice della CPI, ha trattato casi complessi, dal Congo alla Palestina, e ha lavorato su inchieste riguardanti figure di spicco come Saif al-Islam Gheddafi. La sua candidatura alla CPI era motivata dalla convinzione che la giustizia internazionale sia fondamentale per la riconciliazione e la pace tra le comunità colpite da crimini atroci.