Nella giornata di oggi, giovedì 14 marzo, comincia in Corte d’Assise a Catanzaro il processo per l’omicidio di Maria Chindamo: la donna fu uccisa il 6 maggio 2016 davanti ai cancelli della sua azienda agricola a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia.
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Maria Chindamo, inizia il processo per il suo omicidio
Il corpo della Chindamo, secondo la Dda di Catanzaro, è stato dato in pasto ai maiali e i resti sono stati triturati da un trattore cingolato. Sul banco degli imputati ci sarà Salvatore Ascone che, la sera prima della scomparsa della donna, avrebbe manomesso il sistema di sorveglianza installato presso la sua proprietà, vicina a quella della Chindamo.
Questo intervento, secondo l’accusa, avrebbe agevolato gli autori del sequestro e del successivo omicidio della donna. Nel 2016 Ascone venne arrestato con l’accusa di concorso in omicidio e poi prosciolto su sentenza della Cassazione, che aveva stabilito l’assenza di manomissioni alle telecamere. I dettagli sulla distruzione del cadavere sono emersi contestualmente alle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, Emanuele Mancuso e Andrea Mantella, il primo in particolare raccontò di aver ricevuto le informazioni dal figlio di Salvatore Ascone, Rocco: “Mi disse che in venti minuti i maiali si erano mangiati il corpo della donna e che avevano triturato i resti delle ossa con una fresa o con un trattore“.
Le parole del fratello di Maria
Vincenzo Chindamo, che in questi anni non si è mai piegato davanti alla ricerca della verità, ha dichiarato: “Per otto anni abbiamo camminato sulle strade della speranza anche quando tutto sembrava perso. Grazie ai movimenti e alle associazioni Penelope Italia Odv, Libera Vibo, Goel-Gruppo Cooperativo, gli avvocati Nicodemo Gentile ed Antonio Cozza, tantissime scuole. Un cammino sempre con meno solitudine e sempre più in compagnia di un fronte di speranza e rinascita, fatto da tante donne e uomini partendo dal cancello di Limbadi e dagli abitanti di Limbadi.
Mi aspetto l’inizio di un percorso con una velocità diversa, in cui lo Stato si è reso più manifesto nel partecipare a questo cammino difficile. In 8 anni ci sono stati silenzi operosi e si è lavorato molto, il processo ne è la dimostrazione. Non ho mai smesso di credere, lungo tale interminabile periodo, nello Stato. Grazie per chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 per amplificare gli appelli di verità e giustizia“.
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