Caltanissetta, 14 gen. (Adnkronos) – E' iniziato davanti al Tribunale di Caltanissetta il processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali, oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni, difeso dall’avvocato Basilio Milio, e l’82enne Pellegrini, difeso dall'avvocata Oriana Limuti, hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
L'udienza è iniziata ed è subito stata sospesa per una breve camera di consiglio, perché ci sono state delle eccezioni presentate dalla difesa dei due imputati. I legali dei due imputati hanno detto che quando i due generali sono stati sentiti per la prima volta dagli inquirenti, avrebbero dovuto essere sentito "in veste di indagati". Quindi, i verbali avrebbero dovuto essere interrotti. Ma il pm Pacifico non si è detto d'accordo. Il Presidente del Tribunale Francesco D'Arrigo, dopo una breve sospensione per la Camera di consiglio, ha ripreso l'udienza respingendo le eccezioni dei legali. I due generali sono presenti in aula. Assente Peluso.
Al centro della vicenda ci sono le dichiarazioni di Riggio, ex agente della Polizia penitenziaria, poi arrestato con l’accusa di essere legato ai clan mafiosi. Secondo i pm i due ex investigatori, che respingono le accuse, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio, all’epoca loro confidente, rivelazioni che, sempre a dire degli inquirenti, avrebbero potuto portare alla cattura del latitante Bernardo Provenzano e a scoprire un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Peluso, invece, avrebbe agevolato Cosa nostra, tra l’altro favorendo la latitanza del boss corleonese.