Alcune primarie logiche che hanno governato gli investimenti negli ultimi tempi sono mutate rapidamente e gli investitori devono posizionarsi di conseguenza, adattandosi ai nuovi sviluppi.
La rotazione dei portafogli che si è concretizzata sinteticamente negli ultimi giorni, ha dunque dei chiari fondamenti. In tale contesto, è logico nel complesso adottare una condotta più accorta e limitare le sovrapposizioni azionarie alle azioni a bassa capitalizzazione, a società solide ma con limitate prospettive di crescita e agli emergenti.
Tra le principali cause, la pratica speculativa che prevedeva di prendere in prestito yen giapponesi a basso rendimento per finanziare l’acquisto di una valuta in un Paese con un alto tasso di interesse, è oramai alla fine con la Banca Giapponese che pare possa rivedere la sua politica di tassi negativi, mentre gli altri Istituti centrali continuano ad alzare i tassi.
Questa strategia rende poco vantaggioso per gli investitori prendere in prestito yen a tassi bassissimi per investirli in altri Paesi, mutando così uno dei metodi più utilizzati recentemente. il rapporto tra rendimento alla scadenza e vita residua, noto come curva dei rendimenti, si sta riordinando. Nei prossimi mesi i tassi di interesse a brevissimo termine americano dovrebbero scendere intorno al 3% col decennale intorno al 4%.
Questa ipotesi induce a pensare che i rendimenti dei bond a lunga scadenza potrebbero aver raggiunto il loro scopo in questo contesto.
Calano gli utili delle società quotate ad elevata capitalizzazione che sta comportando un movimento al ribasso per i titoli negoziati all’interno dell’MTA nella classe Large Cap, condizionando così gli investitori che hanno puntato su questo segmento. Inoltre le elezioni americane hanno avuto storicamente un impatto rilevante sui mercati: l’analisi evidenzia che i rendimenti dello Standard and poor 500 sono stati più elevati nel periodo antecedente le elezioni presidenziali rispetto agli anni precedenti, mentre i rendimenti in equity sono stati inferiori anche nei periodi da uno a dodiici mesi dopo le elezioni rispetto ai periodi analoghi negli anni senza elezioni presidenziali.
Più in generale, i presidenti eletti non condizionano particolarmente i mercati azionari: contano invece le promesse fatte in campagna elettorale che, se non mantenute, possono orientare l’andamento nell’anno successivo all’elezione.
Si indebolisce il mercato del lavoro: l’economia ha infatti creato 820.000 posti di lavoro in meno nei 12 mesi che si sono chiusi in marzo: prima di questa revisione elaborata dall’unità del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti risultava che gli States avessero creato quasi 3 mln di posti, mediamente 240mila al mese.
Con la suindicata revisione la media è di poco più di 170mila posti al mese. Questo indebolimento potrebbe causare una più marcata volatilità dell’economia, con conseguenze sia favorevoli che negative per diversi settori economici. Chi investe deve accettare un contesto di mercato differente rispetto a poco tempo fa, con un approccio prudente e vigile sulle nuove dinamiche di mercato, cercando di sfruttare a proprio vantaggio le opportunità che sicuramente si presenteranno.