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Carabiniera suicida alla Scuola Marescialli di Firenze: la lettera-accusa della famiglia

La lettera della famiglia della carabiniera suicida alla Scuola Marescialli di Firenze

La giovane carabiniera che si è tolta la vita in caserma voleva abbandonare la Scuola Marescialli di Firenze.

La famiglia della giovane carabiniera che si è tolta la vita in caserma ha scritto una lettera accusa, sottolineando che la ragazza voleva abbandonare la Scuola Marescialli di Firenze.

La lettera-accusa della famiglia della carabiniera suicida alla Scuola Marescialli di Firenze

La famiglia della carabiniera suicida alla Scuola Marescialli di Firenze ha scritto una lettera al sindacato Unarma, che ha voluto pubblicarla. “Non per individuare i responsabili ai quali imputare la tragica fine di Beatrice poiché la nostra fiducia nelle istituzioni rimane integra come sempre ma per affrontare il problema dei suicidi” ha sottolineato la famiglia della giovane, che ha svelato che nei giorni precedenti alla sua morte la carabiniera aveva manifestato un forte stress psicofisico.

Riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e che non ne poteva più di sottostare a quelle regole poco funzionali e che si insinuavano in ogni ambito della propria vita. Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto che li stava perdendo anche per andare in piscina. Diceva sempre più spesso alla mamma ‘questa scuola mi sta rovinando la vita’” si legge nella lettera.

Carabiniera suicida, la lettera della famiglia: “Un contesto che non manifesta valori umani”

Secondo quanto riportato dalla famiglia, la giovane aveva a cuore l’Arma, ma secondo lei alcune disposizioni erano prive di valore formativo, come tenere i liberi dell’amministrazione sopra la scrivania e quelli personali sotto. La famiglia sostiene che la ragazza all’inizio di ottobre 2023 aveva contratto il Covid, ma nonostante le sue condizioni di salute fossero precarie e la malattia contagiosa “tanto da chiudere in casa il mondo intero per un anno” le era stato ordinato di recarsi nel luogo di adunata ogni mattina. Il padre aveva telefonato all’Ufficiale comandante di plotone per chiedere spiegazioni sul fatto che dovesse presentarsi in adunata anche con la febbre e che i pasti le venivano consegnati in esigue quantità e con grandi ritardi.

Vogliamo manifestare la nostra totale disapprovazione nei confronti di un sistema costituito da gerarchi inseriti in un contesto che non manifesta valori umani. Episodi come quello di Beatrice, o come quello avvenuto nella stessa scuola nel 2017, devono servire da spunto per un cambiamento nelle istituzioni affinché trovino il modo di sostenere le proprie unità nei momenti di difficoltà” sono le parole della famiglia della giovane, piena di dolore per quanto accaduto. Il Comando generale dei carabinieri ha deciso di non rispondere, ma di rinnovare la vicinanza alla famiglia.

Chiara Nava

Nata a Genova, classe 1990, mamma con una grande passione per la scrittura e la lettura. Lavora nel mondo dell’editoria digitale da quasi dieci anni. Ha collaborato con Zenazone, con l’azienda Sorgente e con altri blog e testate giornalistiche. Attualmente scrive per Notizie.it.