Marco Aurelio
è annoverato come uno tra i migliori imperatori della storia di Roma: intelligente, brillante, saggio e di elevata cultura, “l’Imperatore filosofo” era un uomo sinceramente amante della pace che si trovò suo malgrado costretto a combattere molte guerre: 17 in 19 anni di regno, segno inequivocabile dei tempi che volgevano al peggio e di un’epoca che andava sgretolandosi dalle fondamenta di giorno in giorno.
Il momento più duro da fronteggiare si ebbe quando le popolazioni germaniche dei Goti e dei Gepidi si spostarono dalle loro sedi nei pressi del Mar Baltico e della Vistola verso la Russia meridionale; il loro avanzamento mise in moto verso Ovest e Sud-Ovest altri popoli, tra cui Sènoni, Burgundi e Vandali, che si riversarono sulle genti stanziate al di là del limes romano, soprattutto Quadi e Marcomanni.
Schiacciati tra le fortificazioni romane e le orde di altri barbari che premevano alle loro spalle, queste popolazioni si riversarono all’interno dell’impero travando via libera poiché i romani erano impegnati a sedare un altro focolaio di guerra in Oriente.
Tra il 168 e il 169 Quadi e Marcomanni si spinsero fino all’Italia dove saccheggiarono le città di Verona e Aquileia, mentre altri barbari erano protagonisti di scorrerie in Asia Minore e Grecia.
Fu necessario un impegno colossale e un dispiegamento di forze gigantesco per contenere la massiccia offensiva; fino al 180 fu un susseguirsi di scontri, incursioni e battaglie campali, e anche se alla fine l’esercito romano riuscì a riportare la calma sui confini, il costo che l’impero dovette pagare fu altissimo.