Roma, 9 dic. (Labitalia) – Le economie più avanzate, Italia inclusa, non sono immuni dal fenomeno del lavoro minorile e dal rischio di condizionare negativamente le possibilità di formazione e di crescita professionale delle fasce più giovani della loro popolazione. Più di 500 i casi di illeciti riguardanti l’occupazione irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri, accertati tra 2018 e 2019 dall’Ispettorato del lavoro, di cui la maggioranza nei servizi di alloggio e ristorazione; un dato in calo nel 2020 per effetto delle chiusure aziendali legate all’emergenza sanitaria (127 casi).
Ed è proprio l’incognita del post-pandemia a imporre che si tenga alta l’attenzione sui fenomeni di irregolarità: il deterioramento delle condizioni economiche delle famiglie e l’incremento della casistica di disaffezione e allontanamento dai processi formativi potrebbe riportare in attivo la curva della crescita degli occupati sotto i 16 anni, come già rilevato da Fondazione studi consulenti del lavoro nell’indagine 'Il lavoro minorile in Italia: caratteristiche e impatto sui percorsi formativi e occupazionali'.
Secondo le stime riportate nell’indagine, elaborate dai microdati delle Forze di lavoro dell’Istat, sono 2,4 milioni, il 10,7% del totale, gli attuali occupati italiani che hanno fatto esperienza di lavoro minorile, con evidenti ricadute sulle prospettive di vita. Infatti, chi inizia a lavorare prima dei 16 anni, nel 46,5% dei casi consegue al massimo la licenza media; solo l’11,2% del campione arriva alla laurea.
In una catena consequenziale, incidendo sulla formazione, il lavoro minorile abbatte le possibilità di raggiungere i vertici della piramide professionale: solo il 17% arriva a svolgere una professione imprenditoriale, intellettuale o tecnica mentre si riscontra un valore quasi doppio (31,5%) tra quanti, al contrario, iniziano a lavorare più tardi. Tra questi, 7 su 10 sono uomini – più propensi, rispetto alle donne, ad abbandonare gli studi e maggiormente coinvolti nelle esigenze di sostentamento delle famiglie in condizioni economiche disagiate – e il 57,1% vive nelle regioni del Nord dove sono maggiori le opportunità occupazionali nel tessuto produttivo.
Negli anni la quota dei lavoratori infra-sedicenni in Italia è diminuita grazie all’innalzamento dell’obbligo formativo e una maggiore attenzione al tema del lavoro minorile; nella fascia dei 55-64 anni la percentuale di quanti hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni è del 15,3% e crolla al 2,7% tra i 16-24enni.
"La riduzione del fenomeno del lavoro minorile – afferma Rosario De Luca, presidente di Fondazione studi consulenti del lavoro – tra le fasce di popolazione più giovani non deve distrarci dal rischio che le trasformazioni in corso nel mondo del lavoro e della società, determinate dall’emergenza sanitaria, invertano la rotta. In occasione della Giornata mondiale dei diritti umani è importante che si tenga alta l’attenzione su nuovi fenomeni di sfruttamento che potrebbero annullare i progressi ottenuti negli anni. Necessario un progetto trasversale in cui l’investimento in formazione e politiche attive si accompagni a una costante azione verso legalità ed etica del lavoro".