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La Val di Fiemme, un modello millenario di sostenibilità

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Cavalese, 23 set. (askanews) - In Val di Fiemme la gestione delle risorse naturali del territorio è sostenibile e circolare fin dal Medioevo. E' infatti la Magnifica Comunità di Fiemme, ente istituito nel 1.111, ad amministrare il patrimonio naturale di questa splendida vallata del Trentino affacc...

Cavalese, 23 set. (askanews) – In Val di Fiemme la gestione delle risorse naturali del territorio è sostenibile e circolare fin dal Medioevo. E’ infatti la Magnifica Comunità di Fiemme, ente istituito nel 1.111, ad amministrare il patrimonio naturale di questa splendida vallata del Trentino affacciata sulle Dolomiti: si tratta di una proprietà collettiva costituita soprattutto da montagne, pascoli e foreste per una superficie complessiva che supera i 20 mila ettari.

“Che cosa fa la Magnifica Comunità? Gestisce con criteri di sostenibilità il suo patrimonio e lo fa dal 1.400-1.500, perchè il primo ordine dei boschi è stato fatto qui, in Valle di Fiemme – spiega ad askanews Mauro Gilmozzi, Scario della Magnifica Comunità di Fiemme -. Cosa vuol dire essere sostenibili? Vuol dire garantire che la gestione delle foreste permetta di salvaguadare tutti i servizi ecosistemici che queste producono ma dall’altra creare anche opportunità di lavoro. La sostenibilità alla fine è questo: è mettere insieme il valore economico della gestione forestale con il suo valore ambientale e strategico: è fondamentale per tutti noi”.

Un’istituzione millenaria che ha il merito di aver preservato l’ambiente naturale della Val di Fiemme fino ai giorni nostri, mettendolo al riparo – anche in epoca recente – dalle speculazioni tipiche del boom turistico degli anni Settanta.

“Siamo un’economia circolare. Perchè dal momento in cui si piantano gli alberelli nei vivai fino al momento in cui si utilizzano gli scarti della lavorazione del legname per negli impianti di teleriscaldamento della valle – sottolinea ancora Gilmozzi -. Ecco, noi usiamo tutto, e questo diventa l’economia che resta sul territorio e che ci dà una prospettiva interessante anche di fronte ai cambiamenti climatici”.

E’ la partita più difficile da affrontare, quella degli effetti cambiamenti climatici. Soprattutto qui in Val di Fiemme, messa in ginocchio prima dalla tempesta Vaia, che nel 2018 ha distrutto decine di migliaia di boschi di conifere, e poi dall’invasione del bostrico, l’insetto che sta divorando ampie porzioni di foreste di abeti rossi.

“La grande sfida è quella di dare una mano a questi boschi a riprendersi – puntualizza Andrea Bertagnolli, direttore dell’Ufficio Tecnico della Magnifica Comunità di Fiemme -. Come? E’ chiaro che dove i boschi possono riprendersi naturalmente è bene che sia la natura a farlo: quindi nelle a aree più a bassa quota, quelle più favorevoli, è il bosco stesso che si riprenderà. Però noi siamo molto impegnati in questi ultimi anni ad aiutare il bosco a riprendersi attraverso rimboschimenti forestali mirati, utilizzando essenze diverse – quindi non solo abete rosse, che è la specie regina e rimarrà la specie più importante della Val di Fiemme, ma inserendo anche altre specie, quindi larici e latifoglie – in modo tale da formare boschi che siano più resistenti e più resilienti anche nell’ottica dei cambiamenti climatici in atto”.