Miseria, scarsezza di viveri, insopportabile trascinarsi della guerra furono le cause principali delle sommosse popolari che investirono la città di Pietrogrado nel Marzo 1917, le quali divennero più intense fino a trasformarsi in rivoluzione nel giro di pochi giorni, fino a provocare la caduta del governo.
Giunti a quel punto, prevalsero due tendenze con due organismi: il Comitato esecutivo della Duma, che voleva costituire una monarchia costituzionale, e il più radicale Soviet degli operai e dei soldati, che invece tendeva all’attuazione di una profonda ristrutturazione dell’apparato politico e sociale in senso socialista, pretendendo altresì la cessazione delle ostilità.
Lo zar Nicola II, ormai impossibilitato a fermare l’avanzata rivoluzionaria sempre più dirompente, abdicò.
Si ebbe dapprima un governo liberal-conservatore presieduto dal principe L’vov, poi il governo del menscevico Alessandro Karenskij, che avrebbe desiderato continuare la guerra.
Il ritorno di Lenin in patria cambiò rapidamente e drasticamente la situazione.
In Russia esisteva da tempo un nucleo organizzatissimo di bolscevichi, tra cui Stalin, che diffondeva da anni la propaganda rivoluzionaria tra operai e soldati dell’esercito; ciò permise a Lenin di organizzare in breve tempo un efficace colpo di mano che abbattè a Pietroburgo il debole governo di Karenskij, iniziando la conquista del Paese.
Il segreto del successo fulmineo dell’impresa fu dovuto principalmente alla rigida e accentrata organizzazione conferita al partito da Lenin stesso.
Nel mese di Novembre fu costituito un Consiglio dei commissari del popolo di cui Lenin era presidente ma di cui facevano parte anche Stalin e Trotzky; i primi decreti emanati dal’organo appena costituito furono la fine delle ostilità, la nazionalizzazione delle terre con conseguente esproprio dei grandi proprietari senza indennizzo, il diretto controllo delle fabbriche da parte degli operai e il riconoscimento delle autonomie nazionali.
Sciolta l’assemblea costituente convocata da Karenskij, il partito bolscevico rimase il solo legale nel Paese.