Enrico Papi è un uomo che stimo davvero.
Prima e dopo Sarabanda (programma che era un gioco con un minimo di senso) Enrico ha inanellato una serie di conduzioni televisive da museo degli orrori (forse il peggio della Endemol), fino a bissare il delittuoso e macabro “La Pupa e il Secchione”, format che raschia il fondo dei luoghi comuni ma che, in maniera insopportabile per i miei neuroni, quest’anno sta ottenendo uno share fin troppo elevato. Dicono che il segreto di questo successo sia l’ironia: “Papi è profondamente autoironico, la Barale è ironica e simpatica, tutto il programma è basato sull’ironia, bla bla…”
Orbene, l’ironia (????????) è falsità, è finzione, e significa, nella maggior parte dei casi, esprimere un concetto tramite il suo contrario; a ben rifletterci, per un format che vuole essere quasi un reality l’ironia è un paradosso piuttosto ingombrante che trasforma il programma in una bugia mal confessata.
La comicità grossolana di certe scene, di certa ignoranza esasperata, ha il solo merito di aver raccolto tutto il pubblico rimasto orfano del Bagaglino. Grottesche maschere+tette giganti non è ironia, è comicità di serie z.
Un esempio di vera ironia è, invece, il seguente: Enrico Papi è un uomo che stimo davvero.