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La morte di Alberto Franceschini, figura chiave delle Brigate Rosse

Alberto Franceschini, figura chiave delle Brigate Rosse

Il decesso del fondatore delle Brigate Rosse segna la fine di un'era controversa

Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, è deceduto l’11 aprile scorso, ma la notizia è stata resa pubblica solo recentemente. Con un passato intriso di eventi drammatici e controversi, Franceschini ha rappresentato una figura centrale in un periodo buio della storia italiana, caratterizzato da violenza politica e terrorismo.

Un passato di lotta e violenza

Nato a Reggio Emilia, Franceschini proveniva da una famiglia comunista, con il nonno tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia. Nel 1970, insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, trasformò il Collettivo Politico Operai Studenti in un’organizzazione armata. Le prime azioni delle Brigate Rosse, che spaziavano dai sabotaggi ai sequestri, segnarono l’inizio di un’escalation di violenza che culminò nel rapimento del giudice Mario Sossi e nell’omicidio di due militanti del Movimento Sociale Italiano a Padova nel 1974.

Arresto e dissociazione

Franceschini fu arrestato nel 1978 durante un’operazione condotta dai carabinieri, grazie all’infiltrazione di Silvano Girotto, noto come Frate Mitra. Condannato a oltre 60 anni di carcere per i suoi crimini, si dissociò dalla lotta armata nel 1982, uscendo definitivamente di prigione nel 1992. Dopo la scarcerazione, si trasferì a Roma, dove si dedicò a progetti di reinserimento sociale per migranti e detenuti, cercando di distaccarsi dal suo passato violento.

Un’eredità controversa

La figura di Franceschini rimane controversa e simbolica di un’epoca che ha segnato profondamente la società italiana. Le Brigate Rosse, insieme ad altri gruppi estremisti, furono responsabili di centinaia di omicidi e migliaia di feriti, lasciando una ferita aperta nel tessuto democratico del Paese. Nonostante il suo tentativo di reinserimento nella società, il suo nome riemerse nel 2024 durante una commemorazione per Alexei Navalny, dimostrando che il passato non può essere facilmente dimenticato.

La famiglia di Franceschini ha scelto di mantenere il massimo riserbo riguardo alla sua morte, con funerali privati e senza necrologi pubblici. Le persone a lui vicine hanno confermato che era malato da tempo. Con la sua scomparsa, si chiude un capitolo di una storia complessa e dolorosa, che continua a interrogare l’Italia contemporanea.