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Sergio Fantin, un impiegato di banca di 52 anni di Marostica, si trova al centro di una controversia che mette in luce le problematiche legate alla gestione degli assegni di invalidità in Italia. Da quasi trent’anni, Fantin è invalido al 100% a causa di un incidente che lo ha lasciato paralizzato a gambe e braccio. Tuttavia, nel luglio 2023, l’Inps ha deciso di sospendere il suo assegno ordinario di invalidità, sostenendo che il suo reddito attuale non giustificherebbe più la prestazione. Questa decisione ha sollevato interrogativi e indignazione, non solo da parte di Fantin, ma anche da parte dell’opinione pubblica.
La motivazione dell’Inps: un sistema controverso
Secondo l’Inps, l’assegno di invalidità è temporaneo e legato alla capacità di reddito del beneficiario. Dario Buonuomo, direttore dell’Inps di Vicenza, ha dichiarato che il fatto che Fantin continui a guadagnare come un funzionario di banca dimostra che la sua capacità lavorativa non è più ridotta. Tuttavia, Fantin contesta questa valutazione, affermando che le sue condizioni di salute non sono cambiate e che il medico che ha effettuato la revisione è lo stesso che ha revocato l’assegno. La sua incredulità è palpabile: “Se nel 1997 ero nelle stesse condizioni di adesso, come possono dire che ora non sono più invalido?”.
La vicenda di Sergio Fantin non è solo una questione personale, ma solleva interrogativi più ampi sulla gestione degli assegni di invalidità in Italia. La legge prevede rivalutazioni periodiche, ma la mancanza di un criterio chiaro e uniforme per la valutazione delle condizioni di invalidità può portare a situazioni paradossali come quella di Fantin. Se dovesse decidere di fare ricorso, il caso potrebbe finire in aula di tribunale, aprendo un dibattito su come il sistema di welfare italiano gestisce le persone con disabilità. La storia di Fantin è emblematicamente rappresentativa di una realtà che merita attenzione e riflessione.