Roma, 11 mar.
(Adnkronos Salute) – Le aggressioni ai medici "sono ormai quotidiane". Siamo a "un vero e proprio stato di emergenza e l'escalation non sembra fermarsi" con l'81% dei professionisti che riferisce di essere stato vittima di aggressioni fisiche (23%) o verbali (77%). Atti violenti compiuti dal paziente solo nella metà dei casi (51,3%) mentre i parenti sono responsabili del 42,3% degli eventi, soprattutto in pronto soccorso. "Ma il dato ancor più allarmante è che ben il 69% dei sanitari non denuncia l’aggressore".
A tracciare il quadro è il sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed che, alla vigilia della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, ha diffuso i risultati di un sondaggio realizzato in questi giorni di marzo su un campione rappresentativo di professionisti.
"Per tenere alta l'attenzione, è importante anche il supporto di dati che forniscano al Governo, alle istituzioni e all'opinione pubblica le reali dimensioni di questo fenomeno", spiega in una nota il sindacato che evidenzia come le risposte siano state "proporzionalmente rappresentative di tutte le fasce di età" con una prevalenza "del genere femminile, indicatore di come il problema sia maggiormente sentito dalle donne".
I medici di tutte le discipline, nessuna esclusa, hanno risposto al sondaggio. "Ma va sottolineato come ben il 13% di chi ha risposto lavori in Psichiatria e l’11% in Pronto soccorso/ Medicina d’emergenza-urgenza. Queste sono le due discipline a maggior rischio di aggressione, per dinamiche differenti che tuttavia hanno come causa comune la carenza di personale e il definanziamento del Ssn".
Nei dipartimenti di emergenza, "sono soprattutto i parenti ad aggredire il personale – precisa l'Anaao – dove le ben note attese spesso slatentizzano violenza e frustrazioni represse.
Quindi il sovraffollamento, la carenza di posti letto e di personale contribuiscono a istigare comportamenti aggressivi, dove il medico non viene più visto come colui che si prende cura ma colui che colpevolmente trascura. Nei reparti di psichiatria è il paziente ad aggredire, in condizioni di acuzie psicopatologica, quando non è ancora compensato dalla terapia farmacologica, o di una condizione di intossicazione da sostanze. Negli ultimi anni le diagnosi psichiatriche sono significativamente aumentate mentre in parallelo i medici psichiatri sono diminuiti e sono stati chiusi servizi territoriali, con gravi carenze in tutte le regioni e frequenti dimissioni spontanee dei colleghi".
La mancata denuncia, ammessa dal 69% del campione, "è indicativa purtroppo di una diffusa sfiducia, per esempio che l’azione legale possa alla fine condurre a concreti risultati. Ma soprattutto, gli aggrediti si arrendono per il carico emotivo e di tempo di una denuncia, che li esporrebbe a spese legali, udienze in tribunale magari ulteriori minacce da parte dell’aggressore. Quasi tutte le aggressioni denunciate, hanno richiesto l’intervento delle forze dell’Ordine, che sono state attivate nel 26% dei casi.
Quindi, solo nei casi più gravi, che poi evolvono in un esposto all’autorità giudiziaria. Il 73% dei sanitari, gestisce da solo o con l’aiuto di colleghi, le violenze verbali o fisiche.
Tra gli aggrediti solo il 10% ha risposto alla domanda in cui si chiedeva di precisare i giorni di prognosi o ne ha riportato un numero. Di questi, un terzo ha riportato 10 giorni di prognosi, ma non mancano risposte preoccupati, come il collega che ne riferisce 90 e altri che dettagliano nelle testimonianze: "Sono stata aggredita al collo, un paziente mi ha difeso riportando fratture costali e finendo ricoverato".
"Sono viva per miracolo". "Ho subito 10 giorni di prognosi, poi ridotti a soli 3 giorni perché eravamo sotto di organico". "Nessuna prognosi, non voluto accedere al pronto soccorso in quanto l’aggressore era un minore".
Inoltre, 29% del campione riferisce di essere a conoscenza di casi di aggressione che ha portato a invalidità permanente o al decesso. Nonostante la situazione sia grave, il 48% di chi ha risposto non ha idea se le aggressioni vengano identificate come evento sentinella dalle aziende sanitarie o ospedaliere.
Per oltre la metà, la causa delle violenze non è attribuibile direttamente all’aggressore. Infatti, il 31,4% individua il definanziamento del Ssn come causa principale, fattore questo che espone il medico perché spesso ritenuto come diretto responsabile del razionamento delle prestazioni erogate. Per il 16,7% le carenze organizzative e per il 6,7% la carenza di comunicazione sono i fattori scatenanti le aggressioni. Il 35,5% invece attribuisce le aggressioni a fattori socio-culturali, di deprivazione sociale o di svilimento del ruolo del medico.
Infine, ben il 58% del campione non è a conoscenza che l’argomento è oggetto di discussione ai tavoli sindacali, informazione nota solo al 24%.