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L’efficacia di due dosi Pfizer contro la variante Omicron è inferiore al 23%

Uno studio sudafricano ha esaminato il rapporto fra Omicron e prime due dosi di Pfizer

L’efficacia di due dosi Pfizer contro la variante Omicron è inferiore al 23%: il pre-print dell'Africa Health Research Institute e i dati "non ufficiali"

L’efficacia di due dosi Pfizer contro la variante Omicron è inferiore al 23%. Chi lo dice? Lo sostiene uno studio sudafricano sulla capacità neutralizzante del vaccino senza la “booster”. Il team in questione ha eseguito un’analisi di campioni di plasma sanguigno su 12 persone

L’efficacia di due dosi Pfizer è molto ridotta: lo studio che dice che è al 22,5%

Per la precisione l’efficacia di “sole” due dosi del vaccino anti covid della Pfizer è pari al 22,5% contro il nuovo ceppo Omicron. A spiegarlo alcuni scienziati del paese dell’Africa in cui l’ultima mutazione del coronavirus era stata individuata. La ricerca, che è comunque in pre-print, aveva lo scopo di testare la capacità neutralizzante del vaccino sulla Omicron. 

Due dosi Pfizer ed efficacia contro la Omicron: cosa aveva già detto la stessa azienda

La stessa Pfizer aveva d’altronde già dichiarato che tre dosi del suo vaccino sono in grado di neutralizzare la Omicron, al contrario di due che potrebbero non essere sufficienti per una protezione adeguata. L’articolo in pre-print pubblicato sul portale MedRxiv dagli scienziati sudafricani spiega che “si stima che l’efficacia del vaccino contro l’infezione sintomatica corrisponde al 22,5%, il che essenzialmente pone dubbi sulla capacità del vaccino di proteggere dal contagio”. 

Pfizer in due dosi neutralizza 41 volte di meno contro la Omicron rispetto al ceppo Wuhan: lo studio preliminare sull’efficacia

E al tempo stesso da quello studio sarebbe emersa una “diminuzione di 41 volte nei titoli di neutralizzazione contro il ceppo Omicron rispetto al ceppo originale”.  Ricercatori hanno però anche spiegato e ribadito un altro dato: il vaccino può prevenire la malattia grave. Nello studio in questione sono stati impegnati scienziati dell’Africa Health Research Institute sudafricano e di altre istituzioni del Paese.