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Egitto, il marito ucciso da uno squalo: la moglie svela la verità sulla tragedia

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La moglie di Gianluca Di Gioia, morto a dicembre a Marsa Alam per un attacco di uno squalo, racconta la tragedia al Corriere della Sera.

Torna d’attualità una tragica vicenda della fine dello scorso anno: l’attacco di uno squalo a un turista italiano, ucciso a Marsa Alam, in Egitto. Rompe il silenzio la moglie di Gianluca Di Gioia, Laurence, che racconta la verità di quel giorno al Corriere della Sera.

Italiano ucciso da uno squalo in Egitto

Laurence era in vacanza con il marito e il loro figlio di 10 anni, insieme ai suoceri e alla cognata Alessandra con il compagno. Avevano scelto il lussuoso Sataya Resort, sulla costa di Marsa Alam, nel Mar Rosso, per celebrare i 70 anni di sua suocera e i 50 anni della cognata. Purtroppo, quella che doveva essere una festa in famiglia si è tragicamente trasformata in incubo.

Il 29 dicembre 2024, Gianluca Di Gioia, 48 anni, è stato ucciso da uno squalo tigre mentre faceva snorkeling a Marsa Alam, in Egitto. L’attacco sarebbe avvenuto davanti al molo, vicino al resort Sataya. Accortosi della situazione, Giuseppe Fappani, odontotecnico 69enne, si è gettato in acqua per cercare di aiutarlo, ma è stato anch’esso ferito. Purtroppo, per Gianluca Di Gioia non c’è stato nulla da fare: le gravi lesioni a gambe e braccia si sono rivelate fatali.

Le autorità egiziane stanno indagando sul caso, ma emergono discrepanze riguardo alla posizione di Di Gioia al momento dell’attacco. Secondo la versione ufficiale, l’aggressione sarebbe avvenuta “in acque profonde fuori dalla zona di balneazione, mentre Fappani ha dichiarato che Di Gioia si trovava a circa 50 metri dalla spiaggia, non lontano dalla riva. La procura di Quasir ha aperto un’inchiesta per fare chiarezza sulla vicenda.

Italiano ucciso da uno squalo in Egitto: la verità della moglie

“Per mesi ho ascoltato, letto e rivissuto il dramma, senza mai replicare. Io e il resto della nostra famiglia eravamo presenti e siamo testimoni diretti. Mio marito non è stato imprudente, non ha varcato alcuna soglia inibita, non ha sfidato il suo destino“, ha dichiarato la donna al Corriere della Sera.

Laurence ha detto che Gianluca era una persona prudentissima, un grande viaggiatore, cittadino del mondo, sempre rispettoso delle regole e della natura. Ha aggiunto che, con il senno di poi, l’unica imprudenza che ha commesso è stata quella di scegliere una destinazione di vacanza non organizzata e non attrezzata per fronteggiare le emergenze.

“Io, Gianluca e, poco distante, mia cognata Alessandra. Eravamo nella zona cosiddetta sicura, al di qua delle boe che indicano l’inizio delle acque più rischiose. Nessuno ci aveva allertato di un possibile pericolo. Ovviamente parliamo di boe che galleggiano in acqua. Sotto non c’è una recinzione che possa bloccare l’arrivo di uno squalo. Stavamo facendo snorkeling quando ho visto lo squalo. Era a meno di due metri e puntava dritto verso Gianluca. Ho cominciato a urlare, gli ho detto di allontanarsi, ma in un attimo lo ha aggredito“.

Laurence ha sottolineato di come i soccorsi non siano stati tempestivi. Il bagnino non faceva altro che soffiare in un fischietto. Ha aggiunto che quel suono, inutile, le è rimasto impresso nella mente e non lo dimenticherà mai. Fischiava, ma nessuno si decideva a inviare un mezzo di soccorso. C’erano due gommoni legati, ma non riuscivano a trovare le chiavi. E quando finalmente sono riusciti a usarli e hanno riportato Gianluca al pontile, hanno perso altri dieci minuti prima che arrivasse un’auto che lo ha portato in un ambulatorio.

“Se fossero intervenuti subito, se fosse partito il gommone, se gli avessero legato la gamba bloccando la perdita di sangue mio figlio forse sarebbe ancora vivo, ha aggiunto la madre dell’uomo, che era presente anche lei in quel tragico momento.