L’esercito italiano potrebbe crescere. E di molto. Il piano a cui sta lavorando lo Stato Maggiore della Difesa per l’Italia, su indicazione del ministro Guido Crosetto, punta a un incremento significativo della capacità militare del Paese.
Italia il piano per la difesa: una risposta a un vuoto strategico?
Numeri alla mano: 30-40mila nuovi soldati, per arrivare a una forza complessiva di circa 135mila unità. Un aumento di oltre un terzo rispetto alla situazione attuale.
Ma c’è un dettaglio non trascurabile: ci vorrà tempo. Cinque, otto, forse dieci anni. Perché non si tratta solo di reclutare personale, ma di formarlo, equipaggiarlo, garantirgli le risorse necessarie. E questo implica un adeguamento delle catene di approvvigionamento, la revisione delle infrastrutture, l’allocazione di fondi. Insomma, non basta dire “più soldati”. Bisogna costruire un sistema che li sostenga.
Secondo le anticipazioni di La Stampa e La Repubblica, l’obiettivo non è solo numerico. Si tratta di colmare un vuoto. Un ritardo accumulato negli anni, frutto del disimpegno di governi precedenti. Una questione di sicurezza nazionale che adesso torna in primo piano.
Il problema? Lo scarto tra le esigenze strategiche e la realtà operativa. La Difesa ha bisogno di uomini e mezzi per rispondere alle sfide internazionali, ma il personale è calato progressivamente.
Il piano per la difesa dell’Italia: tempi lunghi, ostacoli certi, volontà politica
Ora l’Italia deve recuperare. Ma come?
Arruolando. Formando. Riorganizzando. E qui arrivano le difficoltà. L’addestramento militare richiede tempo, investimenti e una filiera logistica efficiente. Servono nuove reclute, ma servono anche armi, mezzi, equipaggiamenti adeguati. E questi non si trovano sugli scaffali.
Il piano per la difesa non è ancora definitivo. Ma la direzione è chiara. Rafforzare l’esercito, colmare il gap accumulato e riportare la capacità difensiva a un livello adeguato agli scenari geopolitici attuali. L’obiettivo è ambizioso, ma gli ostacoli non mancano.
Tempi lunghi, finanziamenti da definire, catene di approvvigionamento da rimettere in moto. E soprattutto una volontà politica che deve restare solida nel tempo. Perché dieci anni sono un’eternità, e le priorità dei governi cambiano. Ma la sicurezza, quella no.