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Indagini sulla morte di Andrea Purgatori: quattro medici sotto accusa

Quattro medici accusati nella morte di Andrea Purgatori

Accuse di omicidio colposo per i medici coinvolti nella cura di Purgatori

La chiusura delle indagini

La Procura di Roma ha concluso le indagini sulla morte del noto giornalista Andrea Purgatori, scomparso nel luglio del 2023. Quattro medici, che lo hanno avuto in cura, rischiano di finire sotto processo per omicidio colposo. Tra di loro figurano il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, tutti membri della sua equipe, insieme al cardiologo Guido Laudani.

Le accuse mosse dalla Procura

Le accuse formulate dalla Procura riguardano “imperizia, negligenza e imprudenza” nelle cure ricevute dal giornalista, il quale è deceduto a causa di una endocardite infettiva. Secondo i magistrati, i neuroradiologi non avrebbero refertato correttamente l’esame di risonanza magnetica, redigendo un documento che diagnosticava erroneamente una metastasizzazione cerebrale, mai verificatasi. Questo errore ha portato a una serie di decisioni terapeutiche sbagliate, aggravando la situazione clinica di Purgatori.

Le conseguenze degli errori diagnostici

Il documento redatto dai medici, secondo l’atto di conclusione delle indagini, ha causato non solo un inutile e debilitante trattamento radioterapico, ma ha anche deviato l’approccio diagnostico e terapeutico degli altri sanitari coinvolti. La perizia medico-legale, disposta dal gip, ha evidenziato una “catastrofica sequela di errori e omissioni” che avrebbero potuto essere evitate con un corretto trattamento diagnostico-terapeutico. Gli esperti hanno affermato che un intervento tempestivo avrebbe potuto garantire a Purgatori un tasso di sopravvivenza dell’80% a un anno, se l’endocardite fosse stata diagnosticata e trattata adeguatamente.

Tempistiche e valutazioni cliniche

La perizia ha anche sottolineato che l’endocardite avrebbe potuto essere identificata in modo più tempestivo, già all’inizio del ricovero dal 10 al , o addirittura prima, se i neuroradiologi avessero correttamente valutato gli esami effettuati l’8 maggio. Questi elementi pongono interrogativi sulla qualità delle cure ricevute e sull’operato dei medici coinvolti, sollevando preoccupazioni circa la sicurezza dei pazienti e l’affidabilità del sistema sanitario.