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Indagini sugli insulti social a Liliana Segre: il gip ordina nuovi accertamenti

Liliana Segre sotto attacco sui social media

Il gip di Milano Alberto Carboni ordina di identificare 86 account per diffamazione

Il contesto delle indagini

Le indagini riguardanti gli insulti social rivolti a Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta all’Olocausto, continuano a far discutere. Domenica scorsa, la Segre è stata nuovamente al centro di attacchi online, portando il gip di Milano, Alberto Carboni, a decidere di approfondire la questione. Il giudice ha ordinato alla Procura di identificare 86 account sospettati di diffamazione, accogliendo la richiesta avanzata dalla senatrice tramite il suo avvocato, Vincenzo Saponara.

Questo sviluppo segna un passo significativo nella lotta contro l’odio online, in particolare quando si tratta di figure pubbliche che hanno vissuto esperienze traumatiche come la Segre.

Le accuse e le implicazioni legali

Il gip ha anche disposto l’iscrizione di nove persone nel registro degli indagati e ha imposto l’imputazione coatta per altre sette. Le accuse mosse contro di loro riguardano la diffamazione, aggravata dall’odio razziale. La Procura aveva inizialmente richiesto l’archiviazione per 17 posizioni, ma l’ordinanza del giudice ha ribaltato questa decisione, evidenziando la gravità delle offese subite dalla Segre. Secondo il gip, accusare una sopravvissuta ai campi di sterminio di nazismo rappresenta non solo una diffamazione, ma anche uno sfregio alla verità storica e alla memoria collettiva dell’Olocausto.

Il ruolo del web nella diffusione dell’odio

Il magistrato ha sottolineato che il web non può essere considerato una zona franca per la diffusione di insulti e diffamazioni. L’ordinanza si basa su un’analisi di 246 messaggi apparsi online, frutto di 27 querele presentate dalla Segre tra dicembre 2022 e luglio 2024. Molti di questi post accostano la senatrice al nazismo, un’accusa che, secondo il gip, non può essere giustificata nel dibattito politico. La tesi della Procura, che sostiene che l’uso del termine ‘nazista’ sia comune nel linguaggio politico, è stata respinta dal giudice, il quale ha affermato che tali espressioni non possono essere considerate legittime forme di critica.

La testimonianza di Liliana Segre

Il vissuto personale della senatrice Segre, un’esperienza segnata dalla sofferenza e dalla perdita, è ben noto agli autori dei post offensivi. L’accostamento del termine ‘nazista’ alla sua figura è stato fatto con l’intento di colpirla, sfruttando la sua storia per denigrarla ulteriormente. Il gip ha evidenziato che le accuse di nazismo sono spesso accompagnate da immagini e riferimenti che richiamano il suo passato nei lager, rendendo tali attacchi ancora più gravi. La diffusione di insulti gratuiti, amplificata dalla natura virale dei social media, contribuisce a creare un clima di odio e violenza, rendendo necessarie azioni legali per tutelare la dignità delle vittime.