Roma, 20 feb. (askanews) – La percentuale di donne in posizioni apicali a livello mondiale è salita al 33,5% nel 2024 (dal 19,4% nel 2004), mentre in Italia il 36% dei top manager è donna, superando per la prima volta la media dell’Eurozona (35%). Ma solo il 28% delle posizioni manageriali complessive è ricoperto da donne.
E’ quanto emerge dalle conclusioni del report “Donne e lavoro in Italia” di Rome Business School, a cura di Carlo Imperatore, Direttore Generale Federmanager Roma Lazio e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School.
L’Italia è però tra gli ultimi Paesi europei per partecipazione femminile al lavoro, ben al di sotto di Germania (75%), Francia (68%) e Spagna (64%). Solo il 51% delle donne in età lavorativa è occupato, contro il 69% degli uomini, arrivando a percentuali inferiori al 40% nelle regioni meridionali.
Rimangono inoltre difficoltà nel conciliare vita lavorativa e maternità: la ridotta presenza in carriere STEM, la bassa rappresentanza in posti di lavoro apicali e l’epidemia di part-time rendono l’occupabilità delle donne italiane tra le più basse del continente, sotto circa 13 punti percentuali della media UE.
Per Carlo Imperatore “Il gender gap in Italia è alimentato da stereotipi di genere e dalla carenza di servizi di cura. Visioni tradizionali limitano le scelte professionali delle donne, mentre la scarsità di strutture per l’infanzia e l’assistenza agli anziani ne ostacola la partecipazione al lavoro”.
Gli squilibri di genere e territoriali rimangono molto forti: nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione femminile è 56,5%, 19,5 punti inferiore a quello maschile, secondo l’Istat.
Per quanto riguarda l’attuazione delle politiche DEI (Diversità, Equità e Inclusione) a livello dirigenziale, in Italia è affidata prevalentemente alle Risorse Umane (42%), mentre in altri Paesi è guidata da CEO o senior leader, favorendo una maggiore presenza femminile nei ruoli dirigenziali. Nonostante ciò, il CCNL Dirigenti Industria e Servizi di novembre 2024 rappresenta un passo avanti verso la parità di genere in Italia, introducendo misure concrete su formazione, politiche attive e inclusione.
In conclusione, come segnala Valerio Mancini, “Garantire la parità di genere richiede ambienti di lavoro equi, meritocratici e un forte sostegno al welfare aziendale e alla conciliazione vita-lavoro”, investendo nella formazione STEM e in modelli di leadership inclusivi.