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Imprese: il rapporto, 77% imprese chiede a influencer di firmare carte etiche e valoriali

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Roma, 4 nov. (Labitalia) - La condotta etica e la trasparenza dei content creator sono i requisiti principali nella scelta delle collaborazioni per il 59% delle aziende italiane e il 77% chiede agli influencer di firmare carte etiche e valoriali, dato significativamente più alto rispetto al r...

Roma, 4 nov. (Labitalia) – La condotta etica e la trasparenza dei content creator sono i requisiti principali nella scelta delle collaborazioni per il 59% delle aziende italiane e il 77% chiede agli influencer di firmare carte etiche e valoriali, dato significativamente più alto rispetto al resto d’Europa. Complice l’età media elevata in Italia, Facebook rimane tra i social network più utilizzati per le campagne promozionali, preferito dal 69% delle imprese che investono in questa tipologia di attività. Altro elemento distintivo nel panorama europeo delle imprese italiane è la misurazione dei risultati per valutare il ritorno di investimento, ritenuta dal 61% come una delle sfide più determinanti insieme alla ricerca dell’equilibrio tra libertà degli influencer e controllo del brand, ai cambi di algoritmo e alla mancanza di dati affidabili. Complessivamente, tra le aziende dello Stivale, si respira un clima di moderato ottimismo rispetto al futuro del settore, con il 46% di queste che prevede una crescita del volume di affari fino al 50% all’anno nel corso del prossimo lustro, mentre il 19% intravede un calo degli investimenti, il tasso di sfiducia più alto di tutti i paesi presi in considerazione.

E’ quanto emerge dal Rapporto sull’Influencer marketing in Europa nel 2024 realizzato da Kolsquare, B-Corp nata in Francia nel 2011, tra le più importanti piattaforme europee del settore grazie all’integrazione di machine learning e analisi di big data, in collaborazione con la società di ricerca internazionale NewtonX. Il sondaggio è stato effettuato tra centinaia di figure manageriali che gestiscono, per conto di aziende di diversi settori, campagne di influencer marketing nei cinque principali mercati europei: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.

“La fotografia del rapporto tra aziende e influencer in Italia, comparandola al resto d’Europa, ci restituisce la centralità dell’attenzione all’integrità e alla responsabilità nelle collaborazioni. Se da un lato può apparire come un fatto sorprendente, dall’altro accende i riflettori sulle dirette conseguenze dei recenti avvenimenti che hanno coinvolto noti creator nel nostro Paese e che hanno scosso le fondamenta dell’influencer marketing”, spiega Federico Spinelli, country manager di Kolsquare Italia.

Le aziende europee con dimensioni superiori agli 11 dipendenti spendono mediamente 3,4 milioni di euro all’anno, con la Germania in testa, 5,7 milioni, seguita da Francia (3,49 mln) e Italia (3,37 mln). Tra le aziende prese in considerazione dall’indagine, il 16% ha budget superiore al milione di euro mentre il range più diffuso è inferiore ai 250mila euro annui. La spesa inferiore è nel Regno Unito, con una media di 1,01 milioni di euro, per via della tendenza locale a lavorare con micro-influencer (81%) e dell’aumento dei contratti a commissione. In Germania quasi un terzo delle aziende investe tra i 500.000 e i 5 milioni di euro, segno di un impegno coraggioso per le campagne a budget elevato. In Francia e in Italia circa il 20% dei marketer spende tra 100.000 e 249.000 euro, mentre la Spagna è il mercato più attento al budget in Europa, con il 30% delle imprese che investe meno di 50.000 euro annui.

Complessivamente, il 54% intende aumentare la spesa nel 2025, mentre il 37% manterrà il budget attuale. La spesa per questo tipo di collaborazioni è destinata ad aumentare: i maggiori incrementi sono previsti in Germania, dove l’82% dei responsabili marketing prevede di aumentare i budget tra il 10% e il 49%, e in Spagna, dove il 78% prevede un aumento affine. Le collaborazioni si concentrano maggiormente nel segmento micro-influencer (10.000-100.000 di follower), scelti dal 75%, e macro-influencer (100.000 – 1 milione di follower), ricercati dal 65%. Ciò riflette la loro capacità di offrire tassi di coinvolgimento più elevati a costi inferiori rispetto ai mega-influencer, ovvero con community da oltre un milione di persone, e anche una maggiore autenticità. Il 42% degli intervistati utilizza i nano-influencer, il cui appeal sul mercato locale li rende ideali per campagne di nicchia ad alta conversione.

I social network più utilizzati sono Instagram (89% delle iniziative), Tik Tok (64%) e YouTube (62%), seguiti da Facebook, X, Twitch e Pinterest. Snapchat guadagna terreno in Francia, Germania e, in misura minore, nel Regno Unito, dove è più importante di Twitch. L’indagine rivela anche che gli europei hanno un crescente interesse per il mercato cinese: in Francia, ad esempio, più marketer utilizzano WeChat (9%) rispetto a WhatsApp (7%), e più italiani utilizzano WeChat (9%) rispetto a Pinterest (6%) o Snapchat (3%). Le prime cinque posizioni in Italia sono occupate da Instagram (91%), Facebook (69%), YouTube (61%), Tik Tok (59%) e X (17%).

Quanto alle preferenze sulla tipologia di collaborazione, si registrano importanti differenze tra i vari mercati. I metodi più comuni sono i post sponsorizzati (58%), gli eventi per influencer (56%) e le recensioni di prodotti (48%), sebbene le preferenze differiscano notevolmente da paese a paese. In Germania e Spagna i post sponsorizzati sono utilizzati frequentemente, la Francia si orienta maggiormente verso gli eventi (21%) e il marketing di affiliazione, ovvero quello che prevede una percentuale per ogni vendita, è particolarmente popolare nel Regno Unito (14%). In Italia, il podio dei format preferiti è composto da: sponsorizzate (71%), eventi (63%) e recensioni (49%), mentre il fanalino di coda è rappresentato dai contenuti generati dagli utenti (UGC) e dagli annunci a pagamento.

Rispetto ai criteri di scelta delle collaborazioni, l’Italia mette al primo posto l’etica, i dati demografici della community occupano il primato in Germania (55%), lo stile dei contenuti è cruciale in Regno Unito (57%), in Francia il numero di follower (54%), mentre l’autenticità, il tasso di coinvolgimento e gli interessi della community dominano in Spagna (rispettivamente 61%, 50% e 43%). Gli italiani, in fase di scelta, valutano con particolare attenzione anche il successo delle campagne pregresse (29%), i brand con cui si è collaborato in precedenza (23%) e l’engagement rate (23%), ovvero il rapporto tra interazioni e contenuti prodotti. Chiude la classifica il background eterogeneo dell’influencer (11%).

Germania: l’82% degli intervistati ha aumentato la spesa tra il 10% e il 49% nell’ultimo anno, e il 65% prevede di fare lo stesso l’anno prossimo, andando a consolidare il primato del Paese come il più 'spendaccione'. Si riscontrano anche una minore attenzione agli aspetti etici e la marcata propensione a lavorare su diverse piattaforme, con preferenza per YouTube, Snapchat e Pinterest rispetto ad altri mercati. Francia: i marketer francesi sono i più fedeli, con il 45% che lavora con influencer con cui ha già lavorato in passato. Il 32% dei spende oltre 250.000 euro per le campagne, di cui il 14% con budget annuali superiori a 1 milione di euro. Sulla falsa riga dei cugini italiani, anche i marketer francesi mettono le considerazioni etiche e la trasparenza in cima ai criteri di selezione, prediligendo contenuti autentici e organici creati in occasione di eventi in presenza.

Regno Unito: le aziende made in UK sono le più sensibili alla diversità: il 18%, rispetto ad una media europea del 12%, cerca di lavorare con professionisti che rappresentino le minoranze, soprattutto micro-influencer. Si registra anche una forte cautela per il 2025, dato che solo la metà prevede che i budget aumenteranno il prossimo anno. Come l’Italia, anche il Regno Unito si affida molto a Facebook (72%). Spagna: gli spagnoli abbracciano con entusiasmo la novità: il 39% dei marketer è propenso a lavorare con nuove figure, il tasso più alto registrato in Europa, ma con budget più contenuti. Tuttavia, il 41% ha aumentato la spesa tra il 20% e il 49% nell’ultimo anno.

Con l’introduzione di leggi specifiche per l’influencer marketing, le considerazioni etiche sono in aumento tra i marketer e i creator stessi. Nel Regno Unito, ad esempio, il 76% si concentra fortemente sulla conformità normativa. Mediamente sensibili alla protezione dei consumatori, in particolare dei minori, il 61% degli operatori del settore sottolinea l’importanza di lavorare solo con opinion leader che evitino di promuovere prodotti in grado di creare dipendenza e cosmetici. La Francia è particolarmente attenta a questo problema (71%) unitamente alla presa di posizione contro il bullismo e le molestie (40%). Sebbene la sensibilizzazione sul tema ambientale e sulla salute mentale non sia ancora una priorità assoluta, sta suscitando un interesse crescente, in particolare in Germania, dove l’attenzione per queste cause è notevolmente più alta di altri paesi.

“Le nuove normative sulla trasparenza dei contenuti – spiega Federico Spinelli, country manager di Kolsquare Italia – unite al crescente scetticismo del pubblico nei confronti delle pubblicazioni degli influencer, stanno spingendo i brand e i creator stessi a concentrarsi sempre di più sull’approccio etico. Inoltre, il vivace dibattito pubblico sull’impatto dei social media nella vita di tutti i giorni, soprattutto dei più giovani, sta motivando le aziende a riflettere più attentamente sull’impatto reale delle loro campagne. E' sorprendente che più di un quarto dei marketer in Europa e un notevole 37% in Italia ritengano che ispirare un cambiamento positivo sia una considerazione determinante nello sviluppo delle campagne, mentre occorre constatare il distacco per importanza della questione ambientale, importante per il 17% delle aziende italiane, e della salute mentale, indicata dal 16% come fattore cruciale”.