Era stata in carcere per più di sette mesi e già dall’ottobre scorso Ilaria Salis non ne poteva più delle misure detentive della prigione di Budapest in cui era trattenuta.
La maestra 39enne di cui tanto si parla negli ultimi giorni, dopo le immagini che la ritraggono in catene in aula di Tribunale, aveva confessato i suoi dolori all’avvocato.
Ilaria Salis, la lettera dal carcere: il cambio e le cimici
La lettera della Salis risale all’inizo del mese di ottobre 2023, quando la 39enne si trovava in carcere in Ungheria da circa 7 mesi e mezzo. La donna ha spiegato al suo legale quali fossero le condizioni di vita a cui era costretta in prigione: “Sono stata costretta a indossare abiti sporchi, malconci e puzzolenti che mi hanno fornito in Questura e ad indossare un paio di stivali con i tacchi a spillo che non erano della mia taglia” .
ha spiegato. “Fino al 20 marzo (ossia per 5 settimane) quando il carcere ha finalmente autorizzato il Consolato italiano a farmi visita e a recapitarmi il primo pacco, sono rimasta senza un ricambio di vestiti (biancheria intima compresa)” – prosegue ancora la Salis raccontando di aver avuto un grosso problema dovuto alle cimici – “Per i primi tre mesi sono stata tormentata dalle punture delle cimici da letto, che mi creavano una reazione allergica, come hanno potuto vedere sia l’avvocato Lakatos che Attila Trasciatti.
Nonostante le mie ripetute richieste e i segni visibili che avevo anche in volto, non ho ricevuto per tutto il periodo né gli antistaminici né la crema. Per le cimici il carcere fa la disinfestazione ogni mese: ci fanno uscire in corridoio giusto il tempo di spruzzare il veleno e poi ci richiudono immediatamente in cella, costringendoci a intossicarci ogni volta. Ogni volta faccio fatica a respirare, mi brucia il naso e mi gira la testa.
Oltre alle cimici, nelle celle e nei corridoi è pieno di scarafaggi. Invece nel corridoio esterno, appena fuori dall’edificio da cui dobbiamo passare per andare all’aria, spesso si aggirano topi (non di compagnia)”.
Ilaria Salis, la lettera dal carcere: la detenzione
Ilaria ha anche raccontato di un episodio molto strano ch ele è capitato nelle prime settimane di detenzione: “Il 28 febbraio mi hanno chiamato dalla cella dicendomi che c’era il mio avvocato.
L’avvocato non c’era e invece ad aspettarmi c’erano due persone che mi hanno detto di essere della polizia ma non hanno esibito nessun distintivo. Mi hanno detto che il mio avvocato non sarebbe arrivato e neanche l’interprete e che volevano interrogarmi in inglese. Mi sono rifiutata e sono tornata in cella“. Infine, la conclusione amara in cui spiega come il suo corpo è trattato nel carcere: “Oltre alle manette qui ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette.
Anche i piedi sono legati tra loro: intorno alle caviglie mettono due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti e unite tra loro da una catena lunga circa 25 cm. Poi mettono un’ulteriore manetta a un solo polso, a cui è fissato un guinzaglio di cuoio che all’altezza dell’estremità è tenuto in mano dall’agente della scorta. Tutto questo materiale pesa qualche chilo e la legatura ai piedi permette di fare passi molto corti.
Legata così ho dovuto salire e scendere diversi piani di scale. Si rimane legati così per tutta la durata dell’udienza e sono rimasta così legata anche per tutta la durata dell’esame svolto dall’antropologo”.