Il Sinodo esprime un profondo senso di responsabilità per gli abusi, riconoscendo una vergogna collettiva.

Durante una veglia penitenziale nella Basilica di San Pietro, il Papa ha guidato una riflessione sull'intera serie di peccati commessi dai membri della Chiesa, tra cui abusi su minori, violazioni della pace, danno ambientale e ingiustizie verso popolazioni indigene, migranti, donne, giovani e poveri. Il Papa e vari cardinali hanno espresso vergogna e richiesto perdono per le loro infedeltà e trasgressioni, inclusi abusi sessuali e mancanza di azioni per la protezione dell'ambiente. Questo atto di richiesta di perdono avveniva prima dell'apertura del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, con l'intento di ricostruire la fiducia nella Chiesa e avviare il processo di guarigione delle ferite causate da peccati.

In una serata di intensa riflessione, il Papa ha guidato una veglia penitenziale nella Basilica di San Pietro, affrontando una serie di trasgressioni, tra cui gli abusi sui minori perpetrati dal clero.

Questo atto di umiltà e richiesta di perdono è avvenuto alla vigilia dell’apertura del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità. Sono stati menzionati peccati che interessano l’intera Chiesa, tra cui violazioni della pace, danni all’ambiente, ingiustizie verso le popolazioni indigene e i migranti, oltre a offese nei confronti di donne, giovani e poveri. Riflettendo su come la dottrina sia stata talvolta utilizzata come strumento di condanna, Francesco ha espresso il desiderio di rimediare alla propria infedeltà, invitando i fedeli a chiedere perdono con umiltà e vergogna per chi è stato ferito.

Punti salienti di questa veglia includono le toccanti testimonianze di alcune vittime, tra cui una persona abusata, un individuo segnato dalla guerra e un’operatrice attiva nel sostegno ai migranti. In particolare, il cardinale Sean O’Malley ha espresso la sua profonda vergogna per gli abusi sessuali su minori e su persone vulnerabili, sottolineando come tali atti abbiano minato l’innocenza e la sacralità del debole. Ha quindi chiesto perdono, riconoscendo il grave peccato di aver usato la propria posizione di ministero per sfruttare i più vulnerabili, chiedendo infine a tutti di trovare il coraggio di un vero pentimento per un’autentica trasformazione.

Il cardinale indiano Oswald Gracias ha espresso una richiesta di scuse per il “peccato di mancanza di coraggio, necessario per promuovere la pace tra i popoli e le nazioni”. Ha sottolineato l’importanza del coraggio per “dire sì all’incontro e no al conflitto; sì al rispetto degli accordi e no alle provocazioni; sì all’onestà e no all’ipocrisia”. Ha aggiunto che il nostro peccato diventa ancora più grave quando usiamo il nome di Dio per giustificare la guerra e le ingiustizie.

Il cardinale canadese Michael Czerny ha fatto richiesta di perdono per il nostro ruolo nella trasformazione del creato “da giardino a deserto” e per ciò che non abbiamo fatto per proteggere l’ambiente. Ha anche espresso vergogna riguardo ai migranti, lamentando la nostra complicità nella “globalizzazione dell’indifferenza” di fronte alle tragiche vicende che trasformano le rotte marittime da percorsi di speranza a sentieri di morte. Il valore dell’individuo, secondo lui, deve sempre avere la precedenza sui confini.

Altri cardinali hanno sollevato i loro ‘mea culpa’: Kevin Joseph Farrell per le ingiustizie verso le donne, la famiglia e i giovani; Cristobal Lopez Romero per le trasgressioni contro la povertà; Victor Manuel Fernandez per questioni legate alla dottrina; e Christoph Schonborn per i freni all’adozione di una Chiesa autenticamente sinodale.

Nella sua conclusione, il Papa ha tirato le somme. “In che modo potremmo essere credibili nella nostra missione se non ci rendiamo conto delle nostre colpe e non ci impegniamo a sanar le ferite che abbiamo causato con i nostri peccati?” ha sottolineato Francesco.

Inoltre, “prima dell’inizio dell’Assemblea del Sinodo, la confessione rappresenta un’opportunità per ricostruire la fiducia nella Chiesa, che è stata minata dai nostri comportamenti scorretti, e per avviare il processo di guarigione delle ferite che continuano a sanguinare”.