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Il dolore per il centinaio di ostaggi ancora detenuti da Hamas è palpabile, ma si accompagna a una profonda tristezza e indignazione per un futuro ancora una volta minacciato dall’antisemitismo.
Questi sentimenti sono stati manifestati dalla comunità ebraica, che si è riunita oggi nel Tempio Maggiore di Roma per ricordare le vittime del 7 ottobre e per sottolineare che Israele “non cerca una guerra totale”, ma si difende da chi minaccia “la sua stessa esistenza”. Presenti in Sinagoga, la premier Giorgia Meloni e la Comunità Ebraica di Roma hanno espresso gratitudine nei confronti del governo italiano per il supporto ricevuto in questi ultimi dodici mesi, i più complessi per la comunità ebraica dai tempi della Shoah.
Escalation a livello regionale
Secondo la premier, “l’attacco di Hamas ha innescato un’escalation a livello regionale con esiti potenzialmente imprevedibili, ed è nostro compito riattivare il dialogo per cercare una de-escalation”. Ha sottolineato che “ricordare e condannare chiaramente quanto accaduto un anno fa non è soltanto un rito, ma la base di ogni azione politica necessaria per ristabilire la pace in Medio Oriente; la crescente reticenza si traduce in un antisemitismo latente e allarmante che deve destare preoccupazione.
Le manifestazioni recenti lo hanno purtroppo dimostrato”, ha dichiarato la Presidente del Consiglio. Inoltre, ha rimarcato: “Affermiamo il diritto legittimo di Israele a difendersi e vivere in sicurezza entro i propri confini, ma questo deve avvenire nel rispetto del diritto internazionale umanitario”.
Gratitudine e vicinanza
La Sinagoga di Roma è gremita: presente l’intera comunità insieme a numerosi rappresentanti del governo italiano e di varie istituzioni, uniti per esprimere la loro vicinanza.
Gli ebrei italiani mostrano gratitudine e il vicepremier Salvini sottolinea che questo riconoscimento è significativo, nonostante la frustrazione di dover nel 2024 ringraziare le forze dell’ordine per la protezione di chi desidera vivere in pace: “Ma ci siamo”. La testimonianza di Ela Mor, zia di Avigail Idan, la bambina di quattro anni rapita da Hamas e liberata a novembre, tocca profondamente. Dopo la perdita dei genitori il 7 ottobre, la piccola deve ora affrontare il compito di ricostruire una vita normale, passo dopo passo, dopo un trauma così devastante.
Continuo di una storia
Le parole più forti provengono dal Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, che afferma: “L’evento del 7 ottobre non è un fatto isolato, ma rappresenta un continuo di una storia che si presenta in nuove forme mantenendo lo stesso significato: una manifestazione di odio irrazionale che spesso ci lascia in solitudine. Le organizzazioni internazionali, che dovrebbero rimanere neutrali, hanno amplificato i più beceri pregiudizi antisemiti, impiegando due pesi e due misure.
È fondamentale chiarire che non si tratta solo di tutelare gli ebrei, costretti in questo periodo a vigilare costantemente, ma di difendere la democrazia stessa”. Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, esprime il “dolore straziante” di quel giorno iniziato all’alba e mai svanito, insieme al “timore e all’ansia per il futuro” che contraddistinguono questi mesi difficili. Un avvenire incerto per un’intera regione, il cui sviluppo stiamo monitorando minuto per minuto su ogni area di conflitto.
Antisemitismo e incertezza
L’Europa e l’Italia si trovano in un periodo di grande incertezza, caratterizzato da un difficoltoso confronto quotidiano e da un aumento di un antisemitismo di diverse forme, un peso che si porta dietro da secoli. Victo Fadlun, che presiede la Comunità ebraica di Roma, descrive questa situazione utilizzando la parola “rabbia”. “La rabbia è cresciuta – osserva – poiché, dopo un breve momento di solidarietà verso Israele, quando questo ha iniziato a difendersi, è riemerso un pregiudizio antiebraico che sembrava relegato nel passato”.