Papa Francesco è giunto a Timor Est, terza tappa del suo ampio viaggio tra l’Asia sud-orientale e l’Oceania, proveniente dalla Papua Nuova Guinea. Lì, è stato accolto con grande entusiasmo non solo in quanto leader della Chiesa Cattolica, religione a cui aderisce oltre il 90 per cento della popolazione locale, il tasso più elevato al mondo, ma anche per essere percepito come un simbolo di pace e fratellanza umana, come ha sottolineato il presidente della Repubblica, l’esperto Josè Ramos-Horta. Numerosissime le persone, tra adulti, giovani e bambini, che hanno festeggiato l’arrivo del Papa tra le due maniche umane formantisi lungo il percorso che ha seguito dalla pista aerea alla Nunziatura Apostolica, nella capitale Dili. Francesco segue le orme di Giovanni Paolo II, l’unico altro pontefice ad aver visitato l’ex colonia portoghese, durante il suo viaggio nel 1989, all’epoca ancora provinciale dell’Indonesia. Come il suo predecessore, anche Francesco officierà una messa presso la spianata di Taci Tolu sul mare, un evento previsto per accogliere circa 750 mila persone. Il discorso introduttivo di Ramos-Horta all’incontro con le autorità al Palazzo Presidenziale ha inoltre richiamato l’importanza del viaggio di 35 anni prima, che aveva portato alla ribalta globale la causa dell’autodeterminazione di Timor East. Questo Paese era stato invaso dall’Indonesia nel 1975, dopo aver ottenuto l’indipendenza dal Portogallo, e la lotta per la libera autonomia completa era terminata solo nel 2002. Papa Francesco ha ripreso questo tema nel suo discorso, elogiando il perseverante impegno del popolo di Timor nel perseguire la piena riconciliazione con i vicini indonesiani, un atteggiamento ispirato principalmente dall’insegnamento evangelico.
“In mezzo a tribolazioni, avete mantenuto la vostra speranza intatta, trasformando le sofferenze in felicità grazie alla forza d’animo del vostro popolo e alla vostra fiducia in Dio!” – ha esclamato. “Che il divino favorisca, nelle diverse aree di conflittualità in tutto l’avviso, la dominanza del bisogno di pace e la purificazione della memoria, per la guarigione delle ferite e per la sostituzione dell’odio con la conciliazione, e dell’opposizione con la cooperazione!”. Il Papa ha poi ricordato la tortuosa strada del Paese verso l’indipendenza, marcata da violenza e sconvolgimenti, dall’indipendenza proclamata il 28 Novembre 1975, fino al suo pieno riconoscimento il 20 Maggio 2002. Questi sono stati anni difficili per Timor-Leste, ma il Paese è riuscito a riprendersi, intraprendendo una via di pace e iniziando una nuova era. “Dopo periodi bui e onerosi, è finalmente sorto un nuovo giorno di pace e libertà”. Tuttavia, alludendo ai problemi contemporanei di Timor Est, come l’emigrazione, la povertà e i “mali sociali” come l’alcolismo e la violenza tra i giovani, il Papa ha sottolineato l’urgenza di affrontare un problema dalle conseguenze tragiche: “Non dimentichiamoci dei numerosi bambini e adolescenti le cui dignità sono violate, un fenomeno che sta crescendo in tutto il mondo: siamo tutti convocati a agire con responsabilità per prevenire qualsiasi abuso e per garantire ai nostri giovani un crescita senza pericoli”.
Purtroppo, occorre ricordare alcuni tristi episodi di abusi sessuali all’interno del clero locale. Tra questi, spicca il caso di Carlos Filipe Ximenes Belo, vescovo e premio Nobel per la Pace nel 1996, riconosciuto colpevole dal Vaticano tramite l’imposizione di sanzioni restrittive due anni fa. L’accusa era di abusi sessuali su minori, un atto che lo ha portato a ritirarsi nel 2002 in Portogallo. Tre anni fa, un famoso missionario americano è stato dichiarato colpevole di abusi sessuali su giovani donne. È da sottolineare, però, che la popolazione tende a dubitare di queste imputazioni, vedendo entrambi gli accusati come eroi dell’indipendenza nazionale.