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Il mandato del Primo Ministro, passato inosservato al Parlamento, è previsto fino al 2025.

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La proposta di legge Casellati relativa al ruolo del primo ministro non sarà discussa in Parlamento nel prossimo trimestre, spostandone potenzialmente la discussione fino al 2025. Questa decisione ha sorpreso l'opposizione che si aspettava un avanzamento più rapido della riforma promossa da Fdi e dalla prima ministra Meloni. La decisione di ritardare la discussione della legge è stata presa per evitare ulteriori tensioni durante la sessione di bilancio. Entrambe le riforme sono attualmente al vaglio della commissione Affari costituzionali della Camera. La riforma potrebbe subire ulteriori modifiche nella sua formulazione, con la Fdi che insiste su un sistema a turno unico.

La proposta di legge Casellati riguardante il ruolo del primo ministro non verrà discussa in Parlamento nel prossimo trimestre, secondo una decisione presa dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio durante la pianificazione dell’agenda di lavoro fino a novembre. Questo potrebbe portare a un ritardo fino al 2025, considerando l’affollato calendario di dicembre. Questa decisione ha sorpreso soprattutto i gruppi di opposizione, che immaginavano una procedura più rapida per la riforma sostenuta da Fdi e dalla prima ministra Meloni, in quanto era stata inclusa nel documento sulle priorità governative per il trimestre presentato lunedì a Montecitorio. Tuttavia, a Palazzo Chigi hanno deciso di proteggere la legge dalle potenziali tensioni e controversie che la manovra potrebbe causare durante la sessione di bilancio. “Il primo ministro è sparito dai radar”, ha detto Chiara Braga, presidente dei deputati del PD, ai giornalisti alla fine della conferenza dei capigruppo, giustificando la mancanza di richieste dal governo, e in particolare dal ministro Luca Ciriani, di inserire la proposta di legge nel programma trimestrale. Nonostante nel documento presentato alla Camera 48 ore prima si indicasse come priorità per la fine di novembre sia il ruolo del primo ministro che la separazione delle carriere. Entrambe le riforme sono attualmente in esame dalla commissione Affari costituzionali della Camera. “Se ne discuterà l’anno prossimo, forse”, ha previsto Luana Zanella, capogruppo di Avs.

È plausibile che a dicembre ci siano limitati posti disponibili in Aula, considerando che nei precedenti anni, l’Assemblea di Montecitorio è stata tipicamente occupata negli ultimi stadi della legge di Bilancio prima della trasmissione al Senato. Allo stesso tempo, sedute aggiuntive saranno necessarie per i decreti, che il governo continua a produrre a velocità sostenute. I membri della maggioranza, tuttavia, non ritengono che ciò rappresenti una sorpresa. “La Commissione”, nota Alessandro Urzì, leader del gruppo Fdi in Affari costituzionali, “sta ancora conducendo audizioni su entrambe le riforme a intervalli alterni”. Igor Iezzi, leader del gruppo della Lega in Commissione, aggiunge: “Arriveremo a metà ottobre con le audizioni”. “Poi avremo la fase degli emendamenti”, spiega ulteriormente Urzì, “e avanzeremo senza accelerare la tempistica”. Federico Fornaro (Pd) spera che “questo tempo venga utilizzato dalla commissione per un approccio di dialogo alla riforma e per poter emendare il testo”. I tempi allungati dell’esame in Commissione non solo proteggono la riforma dalle pressioni legate alla manovra, ma danno al governo l’opportunità di riflettere sui margini di modifica del testo e sulla legge elettorale. Le differenze tra Fdi e Lega rimangono significative a tale proposito, con la prima decisa a insistere su un sistema a turno unico.