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Un viaggio che ha cambiato tutto
La storia del generale Nijeem Osama Almasri, il cui arresto ha sollevato un polverone politico e giudiziario, inizia il 6 gennaio, quando il capo della polizia giudiziaria libica parte per un viaggio in Europa. Dopo una sosta a Roma, Almasri si dirige verso Londra, dove rimane per una settimana. Il suo itinerario prosegue verso Bruxelles e, infine, in Germania, dove viene fermato per un controllo di routine. La sua presenza in Europa, apparentemente innocua, si trasforma in un caso di rilevanza internazionale.
Il mandato d’arresto e le accuse
Il 18 gennaio, la Corte penale internazionale emette un mandato d’arresto nei confronti di Almasri per crimini di guerra e contro l’umanità, legati a eventi tragici avvenuti nel carcere di Mittiga, vicino a Tripoli. Secondo le accuse, sotto il suo comando, sarebbero stati perpetrati atti atroci, tra cui l’uccisione di 34 persone e la violenza su un minore. Solo un giorno dopo, il generale viene arrestato a Torino, ma la situazione si complica rapidamente.
Il rilascio e le conseguenze politiche
Il 21 gennaio, Almasri viene rilasciato a causa di un errore procedurale, sollevando interrogativi sulla gestione del mandato di cattura internazionale. La Corte d’Appello di Roma sottolinea che non ci sono state comunicazioni adeguate tra le autorità italiane e la Corte penale internazionale. Questo rilascio provoca un’ondata di proteste, sia da parte dell’opposizione politica che della stessa Corte, che si sente defraudata della possibilità di arrestare un presunto criminale di guerra.
Le reazioni del governo italiano
Il governo italiano, rappresentato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, interviene per chiarire la situazione, affermando che il rimpatrio di Almasri è avvenuto per motivi di sicurezza. Tuttavia, le tempistiche e le modalità di gestione del caso sollevano ulteriori polemiche. La premier Giorgia Meloni, in un messaggio sui social, annuncia di aver ricevuto un avviso di garanzia per favoreggiamento e peculato, coinvolgendo anche altri membri del governo. La questione si complica ulteriormente con l’annullamento di un’informativa prevista al Senato, lasciando aperti interrogativi sulla trasparenza e sull’efficacia delle istituzioni italiane.