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Il 7 ottobre, la comunità ebraica si riunisce per riflettere su un giorno di sofferenza e di speranza.

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Un anno dopo il massacro, la comunità ebraica si riunisce per commemorare e chiedere la liberazione degli ostaggi. Un appello per la pace e contro l'uso strumentale della tragedia

È trascorso un anno, ma la data del 7 ottobre 2023 resta viva nella memoria della comunità ebraica. Il dolore per le vittime del massacro e per coloro che sono ancora prigionieri di Hamas continua a pesare. In vista delle celebrazioni per commemorare l’aggressione che ha stravolto non solo Israele, ma anche la situazione palestinese, il Medio Oriente è scivolato in un conflitto devastante. Sebbene quest’escalation sia segnata da sofferenza, non svanisce la speranza e la determinazione nel chiedere la liberazione degli ostaggi.

Celebrazioni e partecipanti

La cerimonia avrà luogo nella Sinagoga del Tempio Maggiore al Portico d’Ottavia, con la partecipazione delle più alte cariche delle comunità ebraiche, tra cui anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Sarà un momento di ricordo, ma anche di manifesta determinazione nel voler riunire coloro che, tra giovani, anziani, donne, uomini e bambini, mancano da un anno.

Protesta simbolica

In segno di protesta, peluche bendati, vestiti con magliette raffiguranti il volto e il nome di un ostaggio, sono stati disposti nel cuore di Roma. Questi orsetti sono stati simbolicamente legati con delle catene in luoghi emblematici come piazza del Popolo, Pincio, Colosseo e Arco di Tito. L’iniziativa, promossa dagli studenti ebrei in prossimità dell’anniversario della tragedia, rende evidente che questi animali di pezza simboleggiano la vulnerabilità di chi continua a attendere la propria liberazione, costituendo un appello collettivo per l’azione in occasione di questo triste anniversario.

Appello alla resistenza pacifica

L’invito è a meditare e unirsi per opporsi all’uso strumentale della situazione a fini politici, assumendo le proprie responsabilità riguardo al silenzio su vittime e rapiti, e rifiutando l’attivismo violento e la complicità intellettuale di alcuni “cattivi maestri”. Questo appello, emerso dopo i disordini del corteo di sabato, invita a una resistenza contro le manifestazioni aggressive. Anche il Forum delle famiglie e dei parenti degli ostaggi ha preso posizione, chiedendo con forza il ritorno dei propri cari. Quel tragico giorno ha visto esistere la morte e ha colpito profondamente chi vive in uno stato di sospensione. Per coloro che si spera possano tornare, è stata indetta una “veglia silenziosa” dall’associazione ‘Pace in Medio Oriente’ e dalla Sinistra per Israele, al Parco Rabin di Roma. In attesa della data del 7 ottobre, la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, ha lanciato un allerta. Ha denunciato la brutalità delle manifestazioni, sostenendo che quanto avvenuto a Roma non rappresenta il libero pensiero, ma piuttosto un abuso della libertà di esprimersi da parte di chi intende minare uno Stato di diritto. Ha esortato a non deviare l’ideazione verso l’uso della violenza, evidenziando che i palestinesi stessi sono sfruttati senza rendersi conto che i loro slogan, così come quelli dei sostenitori, sono strumentalizzati per promuovere la distruzione di Israele e l’incitamento alla violenza.