Mentre il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è presentato alla gente di Marzabotto, si è rivolto in italiano perfetto per chiedere loro perdono per gli orrori commessi dalla brutalità nazista.
Il suo discorso era riuscito a suscitare un’apprezzamento caloroso e prolungato dal pubblico. Nella memoria di 770 civili massacrati tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, Steinmeier si è inchinato di fronte ai morti e ha espresso rammarico per il danno inflitto da aggressori nazisti a donne, bambini e anziani nelle regioni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno.
Prima di quest’atto significativo, ci sono state altre espressioni di affetto e solidarietà dal presidente tedesco.
Insieme al presidente italiano Sergio Mattarella, Steinmeier ha esteso la sua mano e metabolismo plebiscitario ai sopravvissuti del massacro e ai loro parenti presenti a Monte Sole. Entrambi i capi di stato hanno condiviso un momento nostalgico, ponendo una corona tra le rovine della chiesa di San Martino. L’atmosfera era pesante di memoria, intercalata dal suono dello ‘Silenzio’ che rimbalzava nell’aria.
Hanno poi passato molto tempo con coloro che hanno testimoniato gli orrori di quell’epoca e le successive generazioni attraverso un dialogo dolce e sommesso.
Questo era caratterizzato da sorrisi, strette di mano tremanti e lacrime che scendevano dalle guance mentre raccontavano le orride storie di quella stagione. Resi i prati dell’Appennino bolognese uno scenario di grande dolore e tragedia.
“Vi ringraziamo di cuore per aver reso omaggio ai nostri amati che non sono più con noi”, ha detto Anna Rosa Nannetti, una dei superstiti del massacro di Monte Sole, rivolgendosi a Mattarella e Steinmeier, accompagnati rispettivamente da figlia e moglie.
Il presidente tedesco, in cambio, ha esternato il suo apprezzamento per la loro generosità e ospitalità. Queste parole di gratitudine, ripetute molte volte, erano destinate a tutte quelle persone che hanno portato a Monte Sole il peso della sofferenza e della memoria, grati per la possibilità di chiedere perdono.
Paolo Elmi, affiancato da sua moglie e un’eredita, ha raccontato come ha perso 16 membri della sua famiglia, nello specifico la Lorenzoni, per mano dei nazisti, quando era appena neonato.
È sopravvissuto all’eccidio perché due giorni prima era stato evacuato con i suoi genitori.
Franco Lanzarini ha raccolto ricordi di quando si rifugiava insieme a sua madre e tre fratelli in una caverna vicino a Villa Cerana a Monte Sole. Malgrado le difficili circostanze, è riuscito a sfuggire alla fucilazione per tre volte.
Pietro Marchioni, nipote di don Ubaldo Marchioni, uno dei preti uccisi nel massacro – per il quale sta avendo luogo un processo di canonizzazione in Vaticano – ha descritto come suo nonno Augusto Marchioni, che ha perso due figli e la moglie nel massacro di Monte Sole, gli ha insegnato l’importanza del perdono.
Infatti, quando il Maggiore Reder, responsabile dell’eccidio, chiese pietà, suo nonno scelse la via del perdono.
In questo angolo di Emilia, un senso di giustizia si mescola con le emozioni, come indicato dall’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, Matteo Zuppi che ha guidato la celebrazione in ricordo delle vittime. “La giustizia è un potere maggiore rispetto alla vendetta”, ha esortato il cardinale, “il male diventa gravemente pericolo in assenza di giustizia.
La corsa ossessiva per l’attenzione altrui non fa soltanto perdere la propria, ma anche quella altrui. La risposta al male è l’amore”, ha terminato.