Giustizia tardiva: ergastolo per un pizzaiolo italiano dopo 29 anni

La condanna di Salvatore Aldobrandi segna un importante passo per la giustizia italiana.

Un caso di omicidio irrisolto

Il , la scomparsa di Sargonia Dankha, una giovane donna di origini irachene naturalizzata svedese, ha segnato l’inizio di un mistero che ha attraversato quasi tre decenni. La sua vita si è interrotta bruscamente a Linköping, in Svezia, senza lasciare traccia. Nonostante le indagini iniziali, le autorità svedesi non hanno mai proceduto per omicidio, lasciando la famiglia di Sargonia in un limbo di dolore e incertezze.

Il ritorno della giustizia

La svolta è arrivata quando i familiari di Sargonia si sono rivolti alla giustizia italiana, portando alla riapertura del caso.

Dopo un lungo iter giudiziario, il 75enne Salvatore Aldobrandi, originario di San Sosti e residente a Sanremo, è stato condannato all’ergastolo per omicidio volontario aggravato. La sentenza è stata emessa dalla Corte di Assise di Imperia, presieduta dal giudice Carlo Alberto Indellicati, che ha sottolineato la gravità del reato e i motivi abietti che hanno caratterizzato l’azione di Aldobrandi.

Le parole della procura

Il pubblico ministero Maria Paola Marrali ha espresso la sua soddisfazione per il verdetto, evidenziando l’importanza di dare una risposta di giustizia a una famiglia che ha sofferto per anni.

Nella sua requisitoria, ha fatto riferimento a casi analoghi, come quello di Roberta Ragusa, per sottolineare che l’assenza di un cadavere non deve ostacolare la ricerca della verità. La sentenza ha rappresentato un segnale forte: la giustizia può e deve prevalere, anche dopo decenni di silenzio.

Reazioni e speranze

La reazione della famiglia di Sargonia è stata di gioia mista a tristezza. L’avvocato Francesco Rubino, che ha rappresentato la parte civile, ha dichiarato che, sebbene la sentenza non possa restituire Sargonia, offre finalmente un punto di chiusura a una vicenda straziante.

La difesa di Aldobrandi, tuttavia, ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, sostenendo che non ci sono prove sufficienti per giustificare la condanna.

Un caso emblematico

Questa vicenda non è solo un caso di giustizia tardiva, ma rappresenta anche un importante passo avanti nella lotta contro la violenza di genere. La condanna di Aldobrandi, avvenuta dopo un lungo e complesso processo, evidenzia la necessità di affrontare con serietà e determinazione i crimini contro le donne.

La giustizia, sebbene tardiva, può ancora fare la differenza e portare un messaggio di speranza a chi vive situazioni simili.