Giuli afferma: "Posso vantare un'origine di destra, ma la cultura appartiene a tutti."

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli si presenta con disinvoltura in una conferenza, sottolineando l'importanza della cultura italiana e affrontando temi controversi come la Rai e gli intellettuali di sinistra. Rivela le sue origini politiche e promette decisioni condivise e controllo nel settore cinematografico. Non manca di commentare l'imitazione di Maurizio Crozza, trovandola divertente

La voce rimane costante e risponde tranquillamente a ogni interrogativo, mostrando una certa disinvoltura.

Alessandro Giuli, il ministro della Cultura, afferma di avere una buona conoscenza del panorama informativo ed è a suo agio nella sua prima apparizione pubblica da quando è stato nominato. Si trova in un contesto “amico”, alla conclusione della seconda edizione di “Italia le radici della bellezza”, evento organizzato dai gruppi Parlamentari di Fratelli d’Italia, tenutosi a Brucoli, una località marina di Augusta, nel Siracusano. Il pubblico lo ascolta con interesse e un certo divertimento, applaudendo di tanto in tanto.

Giuli non nasconde le sue origini e le proprie inclinazioni, ma, sollecitato dalle domande di Pietro Senaldi, chiarisce che il compito del suo ministero “non è mai stato quello di rappresentare la cultura di destra”. Sottolinea con determinazione che “il ministero rappresenta orgogliosamente la cultura italiana, sia in patria che all’estero, in tutte le sue sfaccettature”. Aggiunge Giuli: “È evidente che per molti anni si è accumulata una sorta di silenzio e diffidenza, a causa della storia del catto-comunismo italiano, che ha permesso a gran parte delle classi dirigenti di sinistra di occupare posizioni chiave dopo la Democrazia Cristiana.

Tuttavia, questo appartiene al passato. La cultura del rancore? È tempo di andare avanti… Non c’è nulla da rimproverare, ma piuttosto da prepararsi”. Men che meno si tira indietro rispetto alle questioni legate alla Rai, affermando che “la sinistra sta attraversando una crisi” riguardo alla televisione pubblica, un fenomeno che non lo sorprende, dato che “il frazionismo è una caratteristica distintiva del loro modo di operare: tendono a dividersi subito”.

È evidente che esiste un rapporto indissolubile tra la Rai e la politica, afferma, rivolgendosi in modo critico a Matteo Renzi: “sotto la sua gestione si è registrata la massima occupazione”.

Il ministro cerca di sfatare un’altra ‘legenda’: “l’idea degli intellettuali di sinistra sempre pronti alla battaglia è infondata; molti di loro sono disposti al dialogo”. Non nasconde le sue origini politiche: “provengo da una famiglia di destra, ho un nonno monarchico e un altro che ha partecipato alla marcia su Roma, mentre mio padre era amico di Almirante”. Riferendosi a esperienze passate, sostiene di essere stato soggetto a ‘mostrificazione’: “mi hanno accusato di consumare fegato crudo, ma sono da sempre un appassionato studioso di storia religiosa”, e ricorda di essere stato criticato per un tatuaggio di un’aquila fascista, spiegando che “è una riproduzione di un simbolo del primo secolo d.C.”.

Giuli sottolinea che la premier Giorgia Meloni non ha influenzato le sue decisioni e che il suo ministero “prosegue sul solco tracciato dal mio predecessore”, aggiungendo che “ognuno cerca di lasciare il proprio segno”, puntando a “porre maggiore attenzione alle periferie” e a “riportare i lettori verso la cultura, stimolando una domanda di qualità culturale dal basso”. Rispondendo a Senaldi, menziona anche Roberto Saviano, definendolo “uno scrittore di successo e coraggioso, costretto a vivere in condizioni estremamente difficili”, ma chiarisce che “il giudizio sulla sua opera letteraria è distinto dall’idea che un tale stile di vita conferisca il diritto di affermare qualsivoglia cosa”.

Il ministro ha anche voluto esprimere “tanti auguri a Nanni Moretti” per una pronta guarigione, evidenziando l’importanza della sinistra, che non dovrebbe essere abbandonata. Riguardo al suo ultimo esame prima del conseguimento della laurea, che considera “una debolezza legata all’età”, rivela di aver dovuto “tenere nascosta la notizia a causa delle contestazioni” e ammette di essere stato “messo sotto pressione dal professor Gaetano Lettieri”. Per quanto riguarda il voto finale, un trenta, afferma che “un elogio sarebbe stato esagerato”.

Si sofferma poi sul Teatro Massimo di Palermo, promettendo “decisioni condivise senza imposizioni dall’alto o pressioni dal basso”. Inoltre, puntualizza riguardo alle aziende cinematografiche: “Esiste un’intesa con il governo affinché non ci sia spreco di fondi e si è deciso di applicare normative più severe e meccanismi di controllo per preservare la dignità del prestigioso cinema italiano contro il rischio di sprechi”, ma ribadisce Giuli, “non ci saranno favoritismi e chi ha competenze nel settore non deve temere nulla”.

Infine, riserva anche un pensiero all’imitazione di Maurizio Crozza: “mi fa piacere e mi diverte, tra l’altro sembra più giovane di me, quindi in un certo senso guadagniamo entrambi qualche anno…”.