Due anni or sono, Giovanni Allevi si ritrovò ad affrontare una situazione complicata: era malato, colpito da un mieloma terribile che lo aveva costretto a ritirarsi dalla scena per un periodo prolungato. Nonostante tutto, i suoi fan non hanno esitato a mostrargli il loro continuo sostegno, inviandogli costantemente messaggi di incoraggiamento. Dopo circa 750 giorni, Allevi ha deciso di raccontare il percorso della sua malattia mediante la scrittura di un libro, intitolato «I nove doni – Sulla via della felicità».
In una delle sue interviste con il Corriere della Sera, l’artista ha descritto l’istante in cui ha appreso della sua diagnosi, che gli è stata comunicata per telefono mentre si trovava a Roma: «Stavo camminando per la strada quando una dottoressa mi ha chiamato per darmi la notizia. Mieloma. Una parola che sembrava dolce, ma che al contempo custodiva un significato insidioso. Mi sembrava di vivere in una realtà parallela, come se stessi all’interno di un sogno, come se fossi un osservatore esterno a me stesso. Ricordo ancora il marciapiede che sembrava inclinarsi sotto i miei piedi, come se fossi dentro una fotografia. Sembra che avessi perso ogni senso della realtà. Tuttavia, quella dottoressa è stata di grande aiuto, le sue parole mi hanno dato coraggio: la diagnosi è il primo passo verso la guarigione».
Nonostante la sofferenza, Giovanni Allevi non ha mai perso la sua passione per la musica: ha scritto e composto nuovi brani durante il suo periodo in ospedale, cercando di descrivere le sue emozioni attraverso le note. Tuttavia, la malattia era dolorosa da sopportare: «il mio midollo osseo era malato, stava corroendo le mie ossa dall’interno: è impossibile descrivere quel tipo di dolore». Attualmente, il musicista indossa un corsetto per supportare la sua schiena.
Il mio cammino verso il dolore è iniziato con un persistente mal di schiena, che ha raggiunto il suo apice alla Konzerthaus di Vienna. Dopo la mia esibizione, ero praticamente incatenato alla mia panchina, incapace di spostarmi. Fu in quel momento che realizzai la gravità della mia condizione. La diagnosi? Un’indicazione chiara in una risonanza magnetica: una vertebra pressata in pericolo di frattura, con la possibile conseguenza di interrompere il midollo spinale. Questo sarebbe potuto derivare in una paralisi, confinandomi su una sedia a rotelle.
Forse la più tremenda manifestazione della mia malattia era il tremito delle mani. Un ciclo di paura e tremito iniziava: le mani iniziavano a vibrare, generando panico, che a sua volta intensificava il tremito. A un certo punto, durante un concerto a Locarno, ero quasi pronto a dichiarare il mio ritiro definitivo dal palcoscenico. Ma l’incoraggiamento del mio pubblico mi ha sorretto; a loro non interessava l’eccezionalità della mia esecuzione musicale.
Ora sono in grado di mitigare il mio tremito giocando un trucco sulla mia mente: quando sento che le mie mani iniziano a tremare, interpreto il tremolio come una manifestazione della mia vulnerabilità; un segno di autenticità che riflette il vero me stesso.
Ho anche scoperto che l’osservazione della natura possiede proprietà terapeutiche. Infatti, tenere il mio piccolo gattino in grembo e respirare profondamente mi ha aiutato a rilassare i muscoli, ossigenare il corpo e ridurre la mia percezione del dolore. In un certo senso, il gatto è un oppioide naturale per me.
Questo percorso mi ha insegnato a vivere nell’istante, a valorizzare ogni momento. Non lasciare che nessun frammento di vita passi inosservato. Per me, ogni alba rappresenta un nuovo inizio, mentre ogni tramonto segna un temporaneo addio.