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Gli inquirenti sarebbero riusciti a trovare Giacomo Bozzoli nella sua villa di Soiano sul Garda giovedì 11 luglio, dopo dieci giorni di latitanza, grazie all’aria condizionata accesa nell’abitazione.
Gli errori commessi da Giacomo Bozzoli
Giovedì scorso il motore esterno dell’aria condizionata della villa sul lago di Garda di Giacomo Bozzoli era in funzione: un errore fatale che ha permesso il ritrovamento del 39enne.
Gli investigatori, inoltre, erano stati allertati, sempre giovedì scorso, anche perché una delle telecamere di sorveglianza della villa di Soiano del Garda aveva smesso di inquadrare la porzione dell’esterno dell’abitazione di propria competenza, come se qualcuno l’avesse oscurata.
L’uomo, dunque, avrebbe commesso tanti passi falsi: l’aria condizionata, la telecamera oscurata, gli alimenti e le bevande che riempivano il frigo nonostante in quei giorni la villa fosse, in teoria, disabitata ed, infine, una telefonata.
La telefonata che incastra Bozzoli
A tradire Bozzoli, secondo La Stampa, anche una telefonata fatta alle cinque e mezza di giovedì mattina. Il latitante si è messo in contatto con una persona a lui molto vicina, il cui telefono rientrava nell’elenco delle decine di apparecchi sotto controllo.
Il suo numero viene intercettato e si scopre che aggancia una cella del bresciano.
Bozzoli si dichiara innocente: il caso del testimone austriaco
Giacomo Bozzoli, al procuratore Francesco Prete, avrebbe ribadito la sua innocenza affermando che anche un testimone austriaco lo scagionerebbe dall’accusa di aver ucciso lo zio Mario gettandolo nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l’8 ottobre 2015.
“In quelle lettere ci sono le prove della mia innocenza”, affermerebbe Bozzoli.
Il 39enne ha detto di aver inviato una lettera con le dichiarazioni della sua innocenza anche al procuratore generale Guido Rispoli e al presidente della prima sezione penale Roberto Spanò. Tuttavia, al momento nessuna sarebbe arrivata a destinazione.
Non è ancora chiara l’identità di questo presunto testimone austriaco. Ciò che è certo è che erano austriache anche le banconote trovate a casa di Giuseppe Ghirardini, ovvero l’operaio che si è suicidato dopo la scomparsa di Bozzoli, considerato complice dell’uomo per l’omicidio.