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Gender pay gap, le donne guadagnano meno degli uomini: ecco il divario salariale

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Nonostante un livello di istruzione più alto, gli stipendi delle donne sono inferiori a quelli degli uomini, con differenze marcate nei salari e nelle condizioni di lavoro, anche nel pubblico.

Le donne in Italia lavorano meno degli uomini: il divario è di quasi 18 punti percentuali. E quando lavorano, guadagnano circa il 20% in meno. Gli stipendi delle donne sono inferiori a quelli degli uomini. Il part-time è più diffuso tra le lavoratrici, che spesso hanno qualifiche più basse e fanno meno straordinari.

Stipendi donne inferiori a quelli degli uomini: le disuguaglianze restano evidenti

Nonostante siano più istruite, le donne faticano a fare carriera. Gli uomini portano a casa buste paga più pesanti praticamente ovunque. I dati Inps non lasciano dubbi: in più della metà dei settori privati analizzati, le donne guadagnano almeno un quinto in meno. Il caso più eclatante? Il settore immobiliare, dove le lavoratrici prendono quasi il 40% in meno – parliamo di 78 euro al giorno contro i quasi 130 degli uomini. Non va meglio per chi lavora in ambito scientifico o tecnico, con stipendi inferiori del 35%, o nel mondo della finanza, dove il taglio sfiora il 32%. Anche commesse e cameriere guadagnano sensibilmente meno dei colleghi maschi.

Nel pubblico si respira un po’ meglio, ma la differenza resta comunque marcata in ospedali, università e centri di ricerca, dove le donne vedono le proprie retribuzioni ridotte di un quinto.

E quando arriva il momento della pensione, il divario esplode. L’assegno mensile di una donna è quasi la metà di quello di un uomo: 989 euro contro quasi 1.900. Per le pensioni di vecchiaia il taglio supera il 44%, mentre per invalidità e pensioni anticipate si parla rispettivamente del 32% e del 25% in meno.

Stipendi donne inferiori a quelli degli uomini: disuguaglianze persistono anche nelle pensioni e nei vertici

Nel 2023, il tasso di occupazione femminile è stato del 52,5%, ben 17,9 punti sotto quello maschile. Per le donne è più difficile ottenere un contratto a tempo indeterminato (18% contro il 22,6% degli uomini). Quasi due terzi dei lavoratori part-time sono donne, e spesso non per scelta: il part-time involontario colpisce il 15,6% delle lavoratrici, tre volte più che gli uomini.

Le donne oggi sono più numerose tra diplomati (52,6%) e laureati (59,9%), ma questo vantaggio non si traduce in posizioni di vertice. Anzi, il 29,4% delle lavoratrici è “sovraistruita” rispetto al lavoro che fa, contro il 25,4% degli uomini. Tra i giovani 25-34 anni questa percentuale supera il 40%.

Il lavoro di cura resta principalmente sulle spalle femminili: nel 2023 le donne hanno usato 14,4 milioni di giorni di congedo parentale, gli uomini solo 2,1 milioni. L’offerta di asili nido è insufficiente, con solo tre regioni che si avvicinano all’obiettivo europeo.

Tutto questo riflette lo svantaggio delle donne nel mercato del lavoro. La loro scarsa presenza tra i pensionati con pensione anticipata (solo il 27% nel privato e il 25,5% tra gli autonomi) evidenzia le difficoltà a raggiungere i requisiti contributivi necessari, a causa di carriere spesso interrotte o discontinue.