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Il food delivery accumula perdite in Italia e non solo: conti in rosso da Glovo a Deliveroo

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Il food delivery è in crisi, a confermarlo sono le perdite di oltre 20 miliardi in Italia e non solo: allarme per i grandi colossi, da Glovo a Deliveroo

Secondo le ultime indagini effettuate, negli ultimi tre anni le società del food delivery hanno bruciato in media il 57% della capitalizzazione: in questo momento devono tentare il rilancio. Forte crisi da Glovo a Deliveroo, interessate a questo fenomeno tutte le aziende del food delivery in Italia, e non solo.

Food Delivery in crisi: ecco cosa sta succedendo

Il settore del food delivery si è andato affermando sempre di più nel corso degli ultimi anni, soprattutto in Italia: è diventato un mercato globale del valore di oltre 150 miliardi di dollari, con un fatturato che è triplicato rispetto a quello registrato nel 2017.

Tale settore non ha risentito la perdita vissuta dai ristoranti, con solo sede fisica, nel periodo della pandemia da COVID-19 anzi, il mercato negli Stati Uniti è più che raddoppiato, diventando una fonte di sostentamento per i ristoranti in difficoltà. Tuttavia, nonostante il boom registrato, le piattaforme di consegna, con poche eccezioni, sono rimaste poco redditizie poiché le commissioni che i ristoranti pagano alle app di food delivery sono circa il 15% sul 30% del prezzo del biglietto.

Come evidenziato dal Financial Times, i giganti del food delivery, DoorDash (Glovo), JustEat, Delivery Hero e Deliveroo, hanno accumulato perdite operative cumulate per 20,3 miliardi di dollari dalla loro quotazione in borsa.

Settore sotto pressione

Gli investitori, sottolinea il Financial Times, non sarebbero orientati a continuare a sostenere il business alla cieca:

«La volontà degli investitori di finanziare le perdite è cambiata, ora vogliono che questo business si dimostri sostenibile e in crescita», evidenzia l’analista di Ubs Jo Barnet-Lamb, citato dal quotidiano londinese.

Nel settore sono stati evidenziati due problemi importanti: da un lato c’è una competizione molto serrata dei prezzi, con le aziende costrette a ridurre le commissioni per prevalere sui concorrenti, dall’altro la crescente vigilanza dei Paesi sulle condizioni di lavoro dei rider e sul controverso rapporto con l’algoritmo che ne regola l’attività.