Roma, 5 ott. (Labitalia) – Tra giugno 2019 e giugno 2020 il mercato del lavoro italiano ha registrato un crollo di 841mila occupati (-3,6%) che risulta, almeno per il momento, tutto a carico dei servizi: con la perdita di 810mila occupati questa macro-area dell’economia nazionale ha contribuito alla quasi totalità delle fuoriuscite dal mercato del lavoro nell’ultimo anno (96,3% del totale). E' la fotografia sull'impatto della pandemia da Covid-19 sull'occupazione 'scattata' dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro con il focus intitolato 'Gli effetti della crisi sull’occupazione: un primo bilancio settoriale'.
I professionisti, con il Focus, alla luce degli ultimi dati Istat sulle Forze Lavoro relativi al secondo semestre 2020, hanno tracciato un quadro dei settori più colpiti dalla crisi occupazionale e di quelli che, invece, hanno tenuto meglio. L’impatto della pandemia da Covid-19 sull’occupazione è fortemente differenziato, infatti, a livello settoriale, esponendo alcune attività produttive ad una crisi senza precedenti e altre a cercare di resistere aiutate anche dal blocco dei licenziamenti, che già a fine anno potrebbe portare a un saldo occupazionale ben diverso da quello di giugno.
Dalla ricerca della Fondazione studi dei consulenti infatti emerge che tra giugno 2019 e giugno 2020 è l’industria il settore che ha retto meglio, con un calo di soli 10 mila occupati. In affanno, invece, il commercio all’ingrosso e al dettaglio (- 191mila unità) ed i servizi alle imprese (-103mila occupati), legati soprattutto alla chiusura di molte attività durante il lockdown e al ricorso allo smart working. Ma la crisi più grave la paga il settore turistico con una perdita occupazionale di 246mila unità, di cui 158mila nei servizi di ristorazione e 88mila negli alloggi. Guardando alla classifica settoriale stilata dal Focus dei consulenti del lavoro, c’è chi scende e c’è chi sale: tra i settori dell’economia dei servizi in maggiore crisi ci sono, dopo i servizi ricettivi (-28,3%), le attività di ricerca, selezione e fornitura di personale (-18,6%); le attività domestiche (-16,7%), amministrative e di supporto alle imprese (-15,7%); noleggio e leasing (-15,2%); produzione cinematografica (-14,9%); ristorazione (-13%).
Seguono le attività immobiliari, i servizi per edifici e paesaggio, pubblicità e ricerche di mercato, le telecomunicazioni, commercio al dettaglio e le attività legate all’industria dell’intrattenimento, con perdite occupazionali che oscillano tra il 5% e 10%. Se la maggior parte delle realtà economiche si trova in condizioni di grande criticità o forte incertezza, ci sono settori che, in controtendenza con l’andamento generale, lo scorso mese di giugno hanno registrato un saldo occupazionale positivo rispetto allo stesso periodo del 2019. Un esempio è il comparto costruzioni, cresciuto di 20mila occupati (+1,5%), soprattutto per il completamento di alcune opere o la ristrutturazione di alcune attività alla ripresa; a seguire i servizi legati alla fornitura di energia elettrica, che hanno segnato un balzo in avanti del 12,2%; i servizi di informazione (9,8%) e la ricerca scientifica (8,2%).
Cresce anche la filiera legata alle tecnologie e al digitale, come riparazione di computer per casa e uso personale (+8,2%) e la fabbricazione di pc e prodotti dell’elettronica (8,2%), la programmazione e consulenza informativa (+3,9%): settori che hanno beneficiato dell’ampio ricorso alle tecnologie durante il lockdown. Anche i servizi personali – parrucchieri, estetisti, lavanderie – hanno registrato un piccolo balzo in avanti (+2,2%), così come la produzione di prodotti farmaceutici (+7,1%). Ma si tratta di tendenze di crescita che si erano consolidate già nei trimestri precedenti.
"Le classifiche, così come i dati, divengono utili se letti in chiave propositiva", ha dichiarato la presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone. “Se, cioè, ci aiutano a focalizzare dove indirizzare energie e investimenti. Per questo diviene importante saper sfruttare bene le risorse messe a disposizione dal Recovery fund, mettendo a sistema le competenze di chi, per professione e formazione, conosce il mercato del lavoro e può contribuire al meglio alla realizzazione di progetti per il rilancio del Paese”, ha concluso Calderone.