Roma, 29 set. (Labitalia) – Il reddito di cittadinanza potrebbe essere modificato riducendo "i tempi di attuazione della misura, nella parte attiva, prevedendo ad esempio che il Patto per il lavoro possa essere siglato direttamente dagli operatori che attiveranno l’assegno di ricollocazione, rendendo così la misura più rapida e fluida. Sarebbe poi opportuno diminuire il numero massimo delle offerte che possono essere rifiutate, arrivando anche ad una sola che rispetti criteri di congruità reddituale e di distanza casa-lavoro". Così Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, intervistata da Adnkronos/Labitalia, interviene sul dibattito sulla possibile riforma del reddito di cittadinanza, che sarebbe allo studio del governo.
Secondo Calderone, che è anche presidente del Comitato unitario delle professioni "si potrebbe poi pensare ad un meccanismo che porti ad un maggiore coinvolgimento di aziende e associazioni di rappresentanza, stimolando la ricerca di personale anche sul portale nazionale: senza di loro il matching tra domanda e offerta di lavoro è impensabile", spiega Calderone.
Secondo Calderone al reddito di cittadinanza "sono mancati semplicità attuativa e supporto sistemico. E' infatti uno strumento molto complesso: il passaggio dalla fase “passiva” (di percezione del reddito) a quella “attiva”, di supporto alla ricerca del lavoro, è molto lunga e complessa, prevede la sottoscrizione del Patto per il lavoro, poi l’attivazione dell’assegno di ricollocazione, poi l’attuazione delle misure. Tali lungaggini da un lato penalizzano la stessa efficacia dello strumento, ritardando il momento della ricerca attiva dell’occupazione. Dall’altro lato, rischiano di cronicizzare situazioni di distacco e disaffezione verso il lavoro", sottolinea.
Per la leader dei consulenti del lavoro "a ciò si aggiunge la mancata realizzazione di un sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro efficiente su scala nazionale. Tale sistema stenta a decollare non solo per i ritardi di realizzazione del portale nazionale, ma anche per la tendenza comprensibile di molte aziende a prediligere modalità di ricerca del personale basati più su rapporti fiduciari, passaparola o su contatti diretti con università e istituti superiori piuttosto che iscriversi nei portali nazionali", continua.
Secondo Calderone è necessario poi intervenire sulla possibile 'commistione' tra reddito di cittadinanza e lavoro nero. "Ogni strumento di natura assistenziale tende per sua natura ad alimentare un circuito di interessi funzionale al lavoro nero. E la marcata natura assistenzialista del Reddito di cittadinanza non sfugge a tale legge. Possono essere utili correttivi come l’aumento delle soglie di compatibilità tra reddito da lavoro e RdC o l’incremento dei controlli", sottolinea.
Centrali, per Calderone, deve essere l'incentivazione delle politiche attive. "Ma per evitare i ben noti effetti perversi che soprattutto in un periodo di forte crisi come l’attuale possono esplodere, è quanto mai necessario potenziare la dimensione di politica attiva di tale strumento, rafforzando le misure a sostegno dell’occupabilità come formazione, orientamento, tirocini, così da coinvolgere il beneficiario del RdC in un percorso di reinserimento al lavoro che, se ben progettato e attuato, dovrebbe lasciare ben poco tempo a disposizione per accettare lavori in nero", conclude la presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro.
(di Fabio Paluccio)