Roma, 20 mag. (Labitalia) – Secondo un’elaborazione della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, già oggi, 3,7 milioni di occupati (il 16,3% del totale) si trovano al di fuori degli incardinamenti tradizionali di lavoro autonomo e dipendente: 665 mila sono i lavoratori autonomi monocommittenti (2,9%) e più di 3 milioni i lavoratori dipendenti a termine (13,4%). Se a questa quota aggiungiamo 6,2 milioni di lavoratori a tempo indeterminato che potrebbero essere occupati in smart working (27,4%), si arriverebbe ad una platea di quasi 10 milioni (43,7%) di lavoratori 'ibridi' le cui modalità di erogazione della prestazione si collocano a cavallo tra lavoro autonomo e subordinato tradizionale.
È questa una delle considerazioni da cui prende le mosse l’iniziativa 'Dallo Statuto dei Lavoratori allo Statuto dei Lavori: il passo non compiuto' organizzata oggi dai Consulenti del Lavoro per celebrare la Legge 20 maggio 1970, n. 300 ricordare le ragioni che condussero alla nascita di uno Statuto dei lavoratori, analizzarne i contenuti alla luce delle attuali condizioni socio-economiche e riflettere sulle prospettive future.
L’analisi per classe d’età evidenzia, inoltre, che si tratta di fenomeni in forte accelerazione, considerato che tra le componenti di lavoratori più giovani, tale quota è molto più elevata, pari al 67,5% tra gli under 25 e 48,2% tra i 25-34enni. A 50 anni dallo Statuto dei lavoratori, e nel pieno di un’emergenza che sta cambiando il lavoro di milioni di italiani, dunque, il Paese ha, forse per la prima volta, secondo i consulenti del lavoro, l’occasione di ripensare all’organizzazione stessa del lavoro in Italia.
Il fatto che 4 milioni e mezzo di dipendenti (di cui 2 milioni 285 mila della Pa) si siano ritrovati per due mesi a lavorare da casa, secondo modalità più vicine a prestazioni di tipo autonomo che non subordinato, ha assottigliato ancora di più i confini tra queste due tipologie di lavoro, mostrando l’urgenza, per i consulenti del lavoro, di una revisione complessiva della legislazione sul lavoro in Italia per allinearla alle esigenze di un sistema economico e produttivo che guarda sempre più alla prestazione lavorativa, a partire dalle figure maggiormente qualificate, in termini di risultato più che di orario.
Ad aprire l’evento 'Dallo Statuto dei Lavoratori allo Statuto dei Lavori: il passo non compiuto', l’intervento del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, che ha messo in luce la necessità di ampliare, aggiornare e rafforzare la L. n. 300/1970, sottolineando come la "sfida dello Statuto dei lavoratori per i prossimi 50 anni sarà quella di allargare il perimetro delle tutele alle nuove forme di lavoro che nasceranno".
"Una delle chiavi di volta nell’elaborazione di questo nuovo Statuto – ha poi dichiarato – è senza dubbio l’investimento nella formazione continua, nella riqualificazione professionale e nell’accrescimento delle competenze del lavoratore. Proprio per questo nel decreto Rilancio è stato introdotto il ‘Fondo Nuove Competenze’”.
L’attualizzazione dello Statuto per accorciare le distanze tra un mercato del lavoro fatto di molteplici regole, spesso inadeguate, e i reali bisogni dei lavoratori è condivisa anche dalla presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone. Un aggiornamento indispensabile soprattutto in questo momento di emergenza economica e occupazionale per il Paese. Una crisi che per Calderone colpirà soprattutto i segmenti meno qualificati della forza lavoro, acuendo quei processi di polarizzazione e divaricazione del mercato del lavoro che già lo sviluppo tecnologico aveva promosso negli ultimi anni.
Pertanto, per Calderone è necessario “costruire un nuovo modello di tutele, che accompagnino il lavoratore lungo tutto l’arco della vita, garantendo una nuova piattaforma di diritti legati alla manutenzione del suo saper fare, all’apprendimento continuo e alla formazione per ridare a tanti lavoratori a rischio di fuoriuscita del mercato un sistema di garanzie", ha concluso la presidente.