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Firenze e il divieto di cantare in napoletano: un episodio controverso

Immagine che rappresenta il divieto di cantare in napoletano a Firenze

Un giovane denuncia il divieto di cantare in dialetto napoletano in un locale fiorentino.

Un episodio che fa discutere

Recentemente, un episodio accaduto a Firenze ha sollevato un acceso dibattito sulla discriminazione linguistica e culturale. Pasquale Abbatiello, un giovane di 26 anni originario di Benevento, ha raccontato la sua esperienza in un locale del centro storico durante la notte di Capodanno. Il ragazzo, entusiasta di partecipare a un karaoke, ha deciso di cantare una famosa canzone napoletana, ma si è trovato di fronte a un divieto inaspettato: non era permesso cantare in dialetto napoletano.

Il racconto di Pasquale

Pasquale, dottorando in diritto amministrativo, si era recato a Firenze con un gruppo di amici per festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Dopo aver atteso il suo turno, ha scelto di cantare “Tu si a fine do munno” di Angelo Famao, un brano molto noto. Tuttavia, quando ha cercato di avviare il karaoke, l’addetto all’evento gli ha comunicato che non era consentito cantare in napoletano, ma solo in italiano, francese, inglese e tedesco. Questa risposta ha lasciato Pasquale incredulo e infastidito, portandolo a considerare la decisione come un atto di discriminazione.

Le reazioni e le implicazioni culturali

Il racconto di Pasquale ha suscitato reazioni forti, non solo tra i suoi amici, che hanno deciso di abbandonare il locale in segno di protesta, ma anche tra i cittadini e i rappresentanti politici. Il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha espresso il suo disappunto, definendo l’episodio come “stupido, razzista e colmo di incultura musicale”. La questione solleva interrogativi più ampi sulla cultura e sull’inclusione in una città come Firenze, nota per la sua storia e la sua apertura verso il mondo. La scelta di escludere una lingua così ricca e significativa come il napoletano, considerata da molti una parte integrante della cultura italiana, è vista come un segnale preoccupante di intolleranza.