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Con il termine fibre alimentari si fa riferimento a sostanze organiche appartenenti per lo più alla categoria dei carboidrati. Si tratta di sostanze che hanno un ruolo chiave nel benessere intestinale, tant’è che in molti casi un loro adeguato consumo è consigliato anche a coloro che sono affetti dalla cosiddetta “sindrome del colon irritabile” (in questo caso viene suggerito di ricorrere soprattutto alle fibre idrosolubili).
In linea di massima, nel medio-lungo termine un’alimentazione povera di fibre alimentari contribuisce all’insorgenza di disturbi intestinali più o meno importanti, fra cui la stitichezza.
Inoltre è ormai noto che un intestino non in buona salute non provoca soltanto fastidiosi sintomi intestinali, ma anche extraintestinali. Per esempio, la disbiosi intestinale causa anche sintomi neurologici come mal di testa, sbalzi d’umore, malessere generale, irritabilità. Per questo motivo, un adeguato apporto di fibre alimentari è essenziale non solo per il benessere intestinale, ma anche per quello generale.
Fibre alimentari idrosolubili e insolubili: cosa sono e dove si trovano
Classicamente le fibre alimentari vengono suddivise in due categorie principali: idrosolubili e insolubili. Questa distinzione è legata alla loro diversa interazione con l’acqua, ma entrambe sono importanti per il benessere intestinale e generale.
Le fibre idrosolubili, come si intuisce dalla terminologia, si dissolvono nell’acqua e formano una sostanza gelatinosa. Tendono a rallentare lo svuotamento gastrico e aumentano il senso di sazietà. Inoltre contribuiscono a regolare i livelli di glicemia e di colesterolo.
Tra le fibre idrosolubili più note si possono ricordare la pectina, la gomma di guar, lo psillio, i betaglucani e l’inulina; quest’ultima è caratterizzata da spiccate proprietà prebiotiche.
Le principali fonti di fibre idrosolubili sono l’avena, l’orzo, gli agrumi, le mele, le carote, i piselli e i fagioli. Vale la pena ricordare che alcuni frutti, come per esempio le mele, perdono una significativa quantità di fibre quando vengono sbucciate.
Le fibre insolubili non si dissolvono nell’acqua, tendono ad aumentare il volume delle feci e ad accelerare il transito intestinale. Possono contribuire a regolarizzare l’attività intestinale e a prevenire la stitichezza e alcuni disturbi intestinali. Tra le fibre insolubili più note si ricordano la lignina, la cellulosa e alcune emicellulose.
Le principali fonti di fibre insolubili sono: crusca di frumento, mais, farina integrale, fagioli, patate, e cavolfiori.
Fibre alimentari: alcuni consigli relativi all’assunzione
Se si segue un’alimentazione povera di fibre alimentari e si intende aumentare il loro apporto nella dieta, è opportuno ricordare di farlo in modo progressivo per dar modo all’organismo di adattarsi a questo cambio di abitudini alimentari. Infatti, passare drasticamente da una dieta povera di fibre a un loro consumo elevato potrebbe dar luogo a fastidiosi segni e sintomi intestinali come gonfiore addominale, flatulenza ecc.
È altresì fondamentale un’idratazione corretta le linee guida attuali consigliano a questo proposito di bere un quantitativo di acqua pari a circa 2 litri al giorno.
Quante fibre alimentari si dovrebbero consumare giornalmente?
Per quanto riguarda il consumo giornaliero di fibre alimentari, le linee guida suggeriscono un quantitativo che va da un minimo di 25g a un massimo di 35g. In particolare, per quanto riguarda le donne viene consigliato un consumo che va dai 25 ai 32 g, per quanto riguarda gli uomini viene consigliato un consumo che va i 30g ai 35g
Se con l’alimentazione non si raggiungono le quantità consigliate, si può ricorrere ad appositi integratori alimentari.