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Per il femminicidio di Yana Malaiko la Corte d’Assise di Mantova ha condannato Dumitru Stratan a 20 anni di carcere. La sentenza ha deluso le aspettative.
Femminicidio Yana Malaiko, la sentenza: Stratan condannato a 20 anni, no alla premeditazione
E’ stato condannato a 20 anni di carcere Dumitru Stratan, l’autore del femminicidio di Yana Malaiko, aggravato dal vincolo affettivo con la ragazza e per il reato di occultamento di cadavere. E’ la sentenza della Corte d’Assise di Mantova. I giudici hanno però escluso l’aggravante della premeditazione e, proprio per questo, la pena è stata ridotta.
Dunque non è stata accolta la richiesta della pm Lucia Lombardo, che nella sua requisitoria di circa quattro ore, aveva chiesto l’ergastolo parlando di omicidio premeditato.
Mentre il legale dell’imputato, Gregorio Viscomi, aveva chiesto di accedere al rito abbreviato, ma gli è stato negato, perché a carico del suo assistito veniva ipotizzata la premeditazione. La legge prevede che se poi la premeditazione viene esclusa al momento della sentenza, la pena viene formulata con lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato.
Il femminicidio di Yana Malaiko
Yana Malaiko, 23enne di origine ucraina, è stata uccisa a Castiglione delle Stiviere, nel suo appartamento, tra il 19 gennaio e il 20 gennaio del 2023. Solo dopo undici giorni di ininterrotte ricerche il suo cadavere è stato trovato nascosto in un sacco vicino a una centrale elettrica, sotto una catasta di legna al confine con la provincia bresciana. Per l’autore dell’omicidio la Procura aveva chiesto la condanna all’ergastolo per omicidio premeditato.
Le parole e la rabbia del padre di Yana
“Mia figlia è stata barbaramente uccisa – ha ricordato il padre di Yana, Oleksandr – sono trascorsi ventisei mesi da incubo dove sono morto anche io. La sentenza di oggi dice alle donne che non sono sicure, perché gli uomini violenti sanno che dopo aver ucciso la loro vittima potranno uscire dal carcere fra otto mesi.
La giustizia in Italia non esiste, ma vorrei ringraziare il pubblico ministero e chi ha lavorato a questo caso. Non mi arrendo e combatteremo anche in secondo grado per mia figlia e le altre donne vittime di violenza”.