La richiesta di pena massima
Nel processo che coinvolge Filippo Turetta, accusato del femminicidio di Giulia Cecchettin, il pubblico ministero Andrea Petroni ha richiesto l’ergastolo. Durante la requisitoria, Petroni ha sottolineato la premeditazione e la crudeltà del delitto, evidenziando come il comportamento dell’imputato fosse caratterizzato da un’ossessione morbosa nei confronti della vittima. La narrazione dei fatti ha preso avvio dalla sera dell’11 novembre, giorno dell’omicidio, per poi analizzare la fuga di Turetta in Germania e il suo tentativo di occultare le prove.
La premeditazione del delitto
Il pm ha messo in luce la preparazione meticolosa del crimine, a partire dalla famosa ‘lista delle cose da fare’ redatta da Turetta quattro giorni prima del delitto. Questa lista includeva elementi inquietanti come scotch, sacchi neri e coltelli, segno di un piano ben congegnato per infliggere danno a Giulia. La narrazione ha rivelato anche la ricerca di luoghi per occultare il corpo e strategie per sfuggire alle indagini, dimostrando una freddezza e una lucidità che aggravano ulteriormente la posizione dell’imputato.
Il dramma in aula
Durante l’udienza, il pm ha invitato il collegio giudicante a rivedere i video delle telecamere che documentano i momenti precedenti e successivi all’omicidio. I dialoghi tra Turetta e Giulia, in cui la vittima esprimeva la sua paura, hanno reso palpabile il clima di terrore che la giovane viveva. La presenza in aula del padre di Giulia e dei suoi familiari ha aggiunto un ulteriore strato di emozione al processo, con i legali che hanno sottolineato l’importanza di Giulia come simbolo di una lotta contro la violenza di genere.
Martedì sarà la volta della difesa, mentre il 3 dicembre si attende la sentenza finale.