Femminicidio a Roma: la tragica storia di Martina Scialdone

La requisitoria del pm chiede l'ergastolo per l'uomo accusato dell'omicidio della giovane avvocata.

Un omicidio che ha scosso la capitale

Il , Roma è stata teatro di un tragico femminicidio che ha colpito l’opinione pubblica e ha sollevato interrogativi sulla violenza di genere. Martina Scialdone, una giovane avvocata di 35 anni, è stata uccisa con un colpo di pistola dal suo ex compagno, Costantino Boinaiuti. La volontà di Martina di liberarsi da un legame tossico ha scatenato la furia dell’uomo, portando a un epilogo drammatico che ha lasciato una comunità in lutto.

La ricostruzione della serata fatale

Secondo quanto emerso durante la requisitoria del pubblico ministero, la lite tra i due è iniziata all’interno di un ristorante nell’Appio Latino, dove i clienti hanno assistito a un acceso scambio di parole. La tensione è aumentata rapidamente, costringendo Martina a cercare rifugio nel bagno del locale. Tuttavia, la situazione è degenerata ulteriormente, portando a un confronto violento anche all’esterno del ristorante. Il proprietario del locale, preoccupato per la sicurezza della giovane, ha contattato le autorità, ma non è riuscito a prevenire il tragico epilogo.

Le parole del pubblico ministero

Durante la requisitoria, il pm Barbara Trotta ha sottolineato la premeditazione dell’omicidio, evidenziando come il legame affettivo tra i due avesse contribuito a rendere la situazione ancora più esplosiva. L’accusa ha chiesto l’ergastolo per Boinaiuti, che si trova accusato di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e del legame affettivo. Inoltre, è stata richiesta una pena accessoria di isolamento diurno per 18 mesi.

Le testimonianze delle amiche di Martina

Le testimonianze delle amiche di Martina hanno rivelato il suo stato d’animo preoccupato prima della serata fatale. Una testimone ha raccontato di come Martina si fosse sentita spaventata per il comportamento violento di Boinaiuti durante le liti. Queste dichiarazioni hanno messo in luce la gravità della situazione e la necessità di affrontare il problema della violenza di genere con urgenza.

Le parole dell’imputato

Nel corso del processo, Costantino Boinaiuti ha espresso il suo rammarico per quanto accaduto, definendosi un “cadavere vivente” da quel giorno. Ha raccontato di aver pregato ogni giorno per Martina, sottolineando il peso del suo gesto. Tuttavia, le sue dichiarazioni non possono cancellare il dolore e la perdita subita dalla famiglia e dagli amici della vittima.