Roma, 18 gen (Adnkronos) – Il primo a pensarci è stato Marco Pannella. Non solo a presentarsi, da leader, alle elezioni europee. Ma a presentarsi ovunque. Un colpo di genio, da mettere in pratica alle prime consultazioni continentali della storia. Risultato? Il 10 giugno del 1979 il Partito radicale arriva poco sotto il 4%, ma elegge i suoi deputati.
E che deputati. Perchè Pannella, eletto in tre collegi, lascia due posti a Leonardo Sciascia al Sud e a Emma Bonino nel Nord ovest. Bingo.
L'escamotage di Pannella, non in quel '79 che vede Bettino Craxi in gara al nord e Enrico Berlinguer al centro, verrà utilizzato da diversi leader negli anni. Alimentando, tra l'altro, il dibattito su un aspetto che tanto sta facendo discutere in vista del prossimo voto Ue, soprattutto nel caso di un duello Meloni-Schlein: presentarsi alle elezioni per un seggio che poi non verrà ricoperto.
Nell'89, che vede l'esordio della Lega lombarda che riesce a portare a Strasburgo Luigi Moretti e Francesco Speroni, è Craxi a 'buttarsi' in cinque circoscrizioni. La mossa del leader socialista un qualche risultato lo ottiene, se è vero che il Psi tocca la quota record del 14,80%. Tra gli eletti, tra i socialisti, c'è Giuliano Ferrara. Ma l'anno di svolta è il '94, con l'avvento di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere resta il re delle pluricandidature: alle europee il nome di Berlusconi gli elettori lo hanno sempre potuto scrivere sulla scheda. Con un discreto effetto traino, perchè nel '94 Forza Italia raccoglie oltre 10 milioni di voti, toccando quota 30,62%.
(Adnkronos) – Ma tutto il centrodestra a quella tornata 'imita' il suo leader, così anche Gianfranco Fini e Umberto Bossi sono presenti in tutte le circoscrizioni. Achille Occhetto si ferma a tre candidature. Nessuno dei Big eletti, per la cronaca, 'trasloca' in Europa. Men che meno il Cav che è premier. Il leader di Forza Italia ritenta il colpo al turno seguente, nel '99, che di fatto è l'anno che sdogana la pluricandidatura dei leader.
Tentano l'en plein, oltre a Berlusconi, ancora Fini e Bossi ma anche, a sinistra, Fausto Bertinotti. Conferma la scelta multipla Emma Bonino, nell'anno dell'exploit della sua lista, che tocca quota 8,45%, un record. L'unico a differenziarsi è Walter Veltroni, allora in corsa per i Ds, che è in corsa solo al Centro. Al giro successivo c'è sempre Berlusconi ovunque. Ma il 2004 è l'anno dell'Ulivo, che vince superando i 10mln di voti (31,08%). Ma, sopresa, senza il traino delle pluricandidature e nemmeno di quella dei leader: i 'fondatori' Francesco Rutelli e Piero Fassino non si candidano.
Nel 2009, sempre con il booster Berlusconi, il Pdl sbanca con il 35,26% e dà 10 punti all'esordiente Pd. All'Europarlamento sono eletti, tra gli altri, Ignazio La Russa e Umberto Bossi, che però rinunciano al seggio. Tra i partiti di opposizione, multicandidatura per Antonio Di Pietro, eletto in tutte e cinque le circoscrizioni. Anche lui rinuncia all'Europa per rimanere a Montecitorio.
(Adnkronos) – Il resto è storia recente, Matteo Renzi si segnala nel 2014 per l'assenza del suo nome nelle liste ma anche per il record del 40,8% (oltre 11 milioni di voti). A fare da traino, questa volta, sono le cinque capolista donne del Pd: Alessia Mosca, Alessandra Moretti, Simona Bonafè, Pina Picierno, Caterina Chinnici. Tutte, poi, al lavoro a Strasburgo.
Quell'anno la lista di Fratelli d’Italia si ferma al un tiepido 3,7%, meno dell'Ncd di Angelino Alfano (4,4%) e della lista Tsipras (4%). Nonostante il traino in tutte le circoscrizioni di una capolista d'eccezione, la leader Giorgia Meloni.
Nel 2019 la attuale presidente del Consiglio tenta il bis, presente ovunque. Ma a sbancare è Matteo Salvini, anche lui pluricandidato: oltre 2,3 milioni di voti al leader del Carroccio e un 34,3% alla Lega. Come vuole la prassi sia Salvini che Meloni, 'plurieletti', hanno preferito Montecitorio (o il governo, per Salvini) a Strasburgo. (di Giuseppe Greco)