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Eleonora Giorgi sta affrontando il momento più difficile della sua vita con la determinazione che l’ha sempre contraddistinta, e parla di come sta oggi. Ricoverata in una clinica romana, l’attrice racconta in un’intervista al Corriere della Sera la sua battaglia contro il cancro, condividendo paure, ricordi e speranze. “Dopo l’ultima crisi di tre settimane fa il mio oncologo ha deciso di ricoverarmi. Mi sono ritrovata da sola in casa, di notte, a urlare, in preda ai dolori. Qui ho recuperato le forze”, confida.
Eleonora Giorgi e la malattia: “Ogni giorno è un regalo”
Consapevole della sua condizione, non si lascia però travolgere dalla paura, né ha ripensamenti sull’averla condivisa. “Sono un personaggio da quando ho 20 anni, ho condiviso tutto. Non c’è nulla di male a dire che non riesco a fare più di dieci passi. Sto facendo la terapia del dolore, morfina e cortisone. Ho un’ampolla al collo e l’ossigeno: mi tengono in vita non perché ci sia futuro, ma perché tutto succeda il più tardi possibile. Ogni giorno è un regalo“. Ad aiutarla a sopportare tutto questo è l’amore dei suoi figli, che non l’hanno mai lasciata sola: “Quando ho capito la gravità ho detto ai miei figli che non volevo accanimenti terapeutici: Paolo mi ha fissato sconvolto. Senza di loro forse avrei rinunciato“. Alla domanda se è arrabbiata per quanto le sta accadendo risponde: “No, perché ho il cuore pieno dell’affetto della famiglia e del pubblico. I miei figli, durante le flebo, mi hanno stretto la mano per 14 ore di fila”, racconta con emozione.
“Non lasciate solo chi soffre”
Anche in questa circostanza, quindi, c’è qualcosa che la fa stare bene: “L’amore dei miei figli: gli infermieri mi dicono non è scontato. Mi raccontano di quarantenni spaventati davanti ai genitori gravemente malati”, e raccomanda: “Non lasciate solo chi soffre”. Il tempo trascorso in clinica è scandito dalle terapie, ma anche dai ricordi che riaffiorano nelle notti insonni. “Nel silenzio mi sento su un’altalena, sospesa. Non sono spaventata: ho avuto molta più paura di vivere. La vita a volte è crudele. Trovarsi nella consapevolezza della morte ti fa analizzare le cose in modo diverso. Mentre dormo, adesso sogno. Prima non succedeva”.
I ricordi della sua vita
Il pensiero poi va ai giorni felici: “E quando mi sveglio ripenso ai miei figli da piccoli, frutto dell’amore con due uomini che hanno scelto di diventare padri con me” …e anche a quelli più tristi: “La scomparsa di Alessandro Momo, il mio primo fidanzato. E le droghe: oggi, quando mi sedano, quelle sostanze in parte le riconosco”. Nonostante il corpo provato dalla malattia, cerca di rispettarsi. “La mia pancia e le mie gambe sono gonfie, ma ogni giorno metto il fard e il cappellino, ho anche una spazzola per i capelli, anche se sono di un centimetro. Cerco di rispettarmi: ricevo complimenti per la mia eleganza in pigiama”. La malattia l’ha costretta a confrontarsi con l’idea della morte, ma non si è mai chiesta “perché proprio a me“. “No, perché non mi sono mai chiesta neppure il perché delle cose belle: il David di Donatello, l’amore di Angelo, quello di Massimo”. Proprio Massimo Ciavarro, con cui ha condiviso una parte importante della sua vita, è tornato da Lampedusa per starle vicino. “Tu per me eri immortale”, le ha detto, “È tornato da Lampedusa, dove vive, per portarmi cose cucinate da lui: gli gnocchi alla romana, le polpettine con il purè, il merluzzo al vapore. È rimasto per dieci giorni”.
“Non sono religiosa, ma ho il senso del divino”
Non si definisce credente, ma avverte l’essenza di qualcosa di più grande. “Non sono religiosa, ma ho il senso del divino. La mia anima è pronta a essere portata via con il vento. La vita per me ha un senso magico”. E se dopo ci fosse qualcosa? “Vorrei riabbracciare la mia cagnolina Klari, spero venga di corsa incontro a me. Poi mia nonna e Angelo. E i due brevi amori napoletani, Pino Daniele e Massimo Troisi”. Oggi guarda alla vita con uno sguardo più limpido, lasciando andare le piccole tensioni quotidiane, e la vecchia vita sembra lontana. “È così: le liti per i parcheggi, per le piccole e grandi eredità, le discussioni tra fratelli, quelle tra suocera e nuora, sono vita sprecata. Capisco più anche i miei figli: sono incolpevole, ma ho fatto subire loro ‘la Giorgi’, una mamma presa d’assalto per un autografo”.
L’importanza dell’autoironia
Non si sente una guerriera, come la definiscono in molti. “Mi sento più un’archivista che cerca di mettere ordine nel caos“. E nel caos cerca di mantenere il pregio che l’ha sempre aiutata. “L’autoironia. Quando sono andata a fare la biopsia ai polmoni ero già segnata nel corpo. Così, per sentirmi meglio, ho indossato un body in tulle nero elasticizzato. E poi mi ha aiutato il mestiere: sono rimasta immobile, durante esami delicati, pensando che fosse un ruolo”. Nonostante tutto, una parte di lei continua a sperare. “In fondo sono così matta che spero ancora in un miracolo. Se succederà correremo dal Papa e chiederemo spiegazioni”.