“Il Governo é alla prese con molte riforme di carattere Istituzionale (Premierato e Federalismo) e Sociale (Previdenza e Sussidi di povertà), ed ora, con il mio parere contrario, fa cassa vendendo azioni di grandi aziende pubbliche (ENI, Poste e Ferrovie dello Stato).
Sono in disaccordo perché si vendono quote per 20 Miliardi ma in tre anni le stesse azioni avrebbero prodotto lo stesso gettito per lo Stato, già dal quarto anno per le casse dello Stato sarebbe stato meglio tenerle”. Sono le parole con cui Diego Righini ha commentato le ultime riforme del Governo Meloni. “Le azioni per l’aumento del Prodotto Interno Lordo – ha proseguito Marasco – invece latitano, perché per ogni Ministero trovare le azioni di aumento della capacità produttiva e dimensionamento delle imprese italiane comporterebbe una conoscenza del mercato delle imprese e una pianificazione chiara e credibile di lavori, servizi e forniture che spinga le sotto dimensionate imprese italiane (anche e soprattutto fiscalmente italiane) ad investire in mezzi d’opera, materie prime e personale”.
Quando comincerà questo lavoro il Governo guidato da Giorgia Meloni? Quando inizierà un’analisi Microeconomica del sistema Italia per generare azioni Macroeconomiche di Governo? Sono le domande che si pome Maresco.
“L’Italia resta debole nel rapporto tra il credito erogato da banche o altri intermediari finanziari e il Prodotto interno lordo: è al 123%, contro il 131% della Germania e Stati Uniti, Regno Unito e Giappone che si collocano in una fascia ristretta con dati attorno al 160% e costanti nell’ultimo decennio.
Sono dati di un report della Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, secondo il quale il Canada svetta in questo parametro con un rapporto del 246% tra credito e Pil. Questo rapporto “è un indicatore fondamentale per la misurazione del grado di intermediazione finanziaria, che misura quanto il credito sostiene l’attività economica di un Paese”.