Caltanissetta, 11 feb. (Adnkronos) – "Sono stati dodici i colloqui investigativi a cui sono stato sottoposto nel 2004. In un'occasione si è presentato un tenente dei carabinieri che era in servizio al Ros di Caltanissetta". Inizia così la deposizione del collaboratore di giustizia Pietro Riggio al processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l'accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni, difeso dall’avvocato Basilio Milio, e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
Il collaboratore di giustizia Riggio era un agente della polizia penitenziaria quando venne arrestato il 10 novembre del 1998 con l'indagine "Grande oriente". Il pentito ha raccontato di essere stato detenuto con un certo Giuseppe Porto, con Domenico Vacca "e un certo De Nicola". "Porto fu incuriosito dalle lettere trovate di Bernardo Provenzano con il blitz Grande Oriente – dice – Mi invogliò ad aprirmi su questa situazione e mi invogliò a creare una squadra all'interno dei servizi per la cattura di Provenzano. Porto mi invitò e mi disse che dovevo stare tranquillo e sereno perché da dentro riusciva ad avviare questo discorso con una persona che faceva servizio sia nei servizi segreti italiani che americani, un certo Antonio Mazzei. Questo mi avrebbe permesso di iniziare un discorso".
Poi il collaboratore Riggio, rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico, aggiunge: "Io fin da subito sono stato chiaro, mi sono offerto dicendo che potevo trovare un aggancio in Carmelo Barberi e altri soggetti mafiosi che erano in auge in provincia di Caltanissetta come Ciro Vara, Domenico Vaccaro e Giancarlo Giugno".
Tornando al passato ha poi ricordati di avere "svolto servizio al carcere di Villalba, poi ho svolto al carcere di Petrusa di Agrigento e poi quello di San Cataldo", da agente penitenziario. Quando venne ucciso Falcone, nella strage di Capaci, svolgeva servizio anche al carcere di Pianosa. Aveva svolto poi attività sindacale in quota al sindacato autonomo di polizia penitenziaria.
"Dalla polizia penitenziaria sono stato destituito nell'agosto del 2001", ricorda. E' stato detenuto al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Da aprile a settembre del 2000 Riggio va agli arresti domiciliari a Caltanissetta ed era autorizzato ad allontanarsi dall'abitazione dalle 10 alle 12. Il decreto di sorveglianza speciale viene notificato a dicembre del 2000 fino a giugno del 2001 quando sconta la condanna fino a settembre 2001. A marzo 2004 viene arrestato per l'operazione "Itaca bobcat" per associazione mafiosa ed estorsioni tra il 2000 e il 2003. E rimane detenuto fino all'8 marzo del 2008 durante il quale sconta anche la condanna a cinque anni.
"L'8 luglio del 2008 inizio la collaborazione con la procura di Caltanissetta". Riggio rimane a piede libero "fino all'8 giugno del 2016". E torna in libertà nel 2020 con il decreto Covid. Oggi è un uomo libero.