Il dibattito sulla cannabis light si è intensificato a seguito di un emendamento governativo al ddl sicurezza, attualmente in esame presso le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera.
Ddl sicurezza, vietato uso della cannabis light
Questo emendamento propone il divieto di vendita di qualsiasi prodotto derivato dalla pianta di canapa, indipendentemente dal suo effetto sul corpo umano.
Il settore della cannabis light, che genera un fatturato annuo di circa 150 milioni di euro, ha espresso forte preoccupazione. Quasi 3.000 imprese temono che, se il divieto entrerà in vigore, i profitti legali finiranno nelle mani della criminalità organizzata.
I produttori e rivenditori sottolineano che i loro prodotti non sono psicotropi e contengono quantità minime o nulle di THC, la sostanza psicotropa della cannabis. Tuttavia, l’emendamento prevede il divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna delle infiorescenze della canapa, così come di tutti i prodotti derivati, compresi estratti, resine e oli. Le sanzioni per chi viola queste disposizioni saranno quelle previste dal Testo Unico sulle sostanze stupefacenti.
Ddl sicurezza, vietata la cannabis light
Di fatto, l’emendamento equipara la cannabis light, con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, alla cannabis normale, che è illegale e considerata una sostanza stupefacente. Questo intervento legislativo arriva dopo varie sentenze della Cassazione e mira a modificare la legge del 2016, che ha permesso la coltivazione della canapa a scopo industriale in Italia, purché il THC fosse inferiore allo 0,2%.
Il nuovo divieto impatterebbe su una vasta gamma di prodotti, dai semi alimentari a paste e pane, fino a oli, creme e liquidi per sigarette elettroniche. La conseguenza diretta sarebbe la chiusura degli attuali negozi del settore e l’impossibilità per le tabaccherie di vendere prodotti contenenti derivati della canapa.
Le imprese del settore hanno già annunciato ricorsi legali e molti rivenditori stanno optando per la disobbedienza civile, continuando a vendere in attesa di un intervento giudiziario.
La questione resta aperta e oggetto di accesi dibattiti tra le parti coinvolte.