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Dargen D’Amico ha fornito la sua versione dei fatti sulla presunta censura della Rai e di Mara Venier. Il cantante di Onda Alta ha scagionato la conduttrice di Domenica In e, in parte, anche la televisione di Stato.
Dargen D’Amico: la sua versione sulla censura della Rai e Mara Venier
Ospite del programma DiMartedì di Giovanni Floris, Dargen D’Amico è tornato sulla polemica scoppiata durante il Festival di Sanremo 2024 in merito alla censura della Rai e di Mara Venier. Il cantante di Onda Alta ha una visione molto lucida della faccenda e non ha assolutamente paura di essere bandito dalla televisione di Stato.
La visione lucida di Dargen D’Amico
Floris, senza giri di parole, gli ha chiesto: “Lei è stato interrotto mentre parlava al Teatro Ariston del tema dei migranti. È stato censurato in Rai o no?”. Dargen D’Amico, altrettanto schiettamente, ha replicato:
“No. Credo di aver avuto un trattamento abbastanza elastico nei miei confronti in Rai. Nessuno mi ha mai chiesto quello che avrei detto e nessuno mi ha mai fatto notare che quello che stavo dicendo non era in linea. Mi hanno interrotto? Ok, ma ero già entrato nell’argomento. Comunque io non ce l’avevo con il governo attuale nello specifico, ma con tutti i politici che non hanno saputo affrontare questo tema così importante. Il comunicato letto da Mara? Quella è la questione che abbiamo tutti, ossia i padroni, o meglio, rendiamo tutti conto alla linea editoriale di chi sta sopra di noi. Il problema è che il mio padrone adesso è l’umanità e questo silenzio complice mi ha costretto a parlare. Se ora avrò difficoltà a tornare in Rai? Non credo, ma se fosse andrò avanti comunque e troverò delle soluzioni”.
Dargen D’Amico sulla questione migranti
Non solo della censura Rai e di Mara Venier, Dargen D’Amico è tornato anche sulla questione migranti. Il cantante di Onda Alta ha spiegato quello che intendeva dire durante l’ospitata a Domenica In:
“Che cosa volevo dire sugli immigrati in quell’occasione? Che sono stanco di vedere fratelli e sorelle trattati come cittadini di Serie B anziché costruire a livello istituzionale delle soluzioni che possano servire a questo paese per i prossimi dieci, venti o trent’anni”.