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Dall'intestino al cuore, orologi e braccialetti la sorvegliano sempre meglio

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Roma, 17 gen. (Adnkronos Salute) - Orologi, braccialetti e ora anche anelli, 'intelligenti' e sempre più performanti, che sorvegliano i nostri organi tutto il giorno e monitorano alcuni parametri in modo non invasivo e passivo. Non sono dispositivi medici, ma svolgono quasi la stess...

Roma, 17 gen. (Adnkronos Salute) – Orologi, braccialetti e ora anche anelli, 'intelligenti' e sempre più performanti, che sorvegliano i nostri organi tutto il giorno e monitorano alcuni parametri in modo non invasivo e passivo. Non sono dispositivi medici, ma svolgono quasi la stessa funzione analizzando alcuni dati fisiologici 'spia' di alterazioni del battito cardiaco o della pressione. Uno studio pubblicato su 'Gastroenterology' ha analizzato queste 'spie' – registrate da dispositivi come Oura Ring, Fitbit e Apple Watch – in relazione alla riacutizzazione della malattia infiammatoria intestinale, arrivando a intercettare i primi segnali fino a 7 settimane prima. La ricerca dell'Icahn School of Medicine at Mount Sinai, tra gli autori anche il ricercatore italiano Matteo Danieletto, ha arruolato 309 partecipanti in 36 Stati Usa. I dispositivi hanno raccolto la frequenza cardiaca a riposo e non, la variabilità, i passi fatti, l'ossigenazione. In più i partecipanti hanno effettuati altri esami, e l'insieme di questi parametri fisiologici raccolti dai dispositivi ha portato a identificare in anticipo eventi di riacutizzazione delle malattie infiammatorie intestinali.

"Questi dispositivi oggi in commercio non sono registrati come dispositivi medici – spiega all'Adnkronos Salute Furio Colivicchi, past president Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) e direttore Cardiologia clinica e riabilitativa San Filippo Neri di Roma – ma sono usati come se lo fossero. Questa situazione necessita una valutazione attenta del loro ruolo nella prevenzione e di come gestire i dati che ci rimandano. Ormai hanno raggiunto un buon livello di affidabilità e sono potenzialmente una risorsa per la clinica, ma c'è il nodo, attuale, dell'interpretazione del risultato. Se segnalano un'aritmia, una irregolarità del battito cardiaco – che poi è l'aspetto maggiormente studiato rispetto a questi dispositivi – ci troviamo di fronte alla domanda: ora che faccio? Chi chiamo?".

"Un conto – sottolinea lo specialista – è se l'orologio smart è indossato da un paziente che sa cosa fare. Come avviene già con gli assistiti che hanno un pacemaker o un defibrillatore, se questi dispositivi suonano loro sanno esattamente cosa fare e ci sono delle procedure decodificate". Ma negli altri casi? Secondo Colivicchi, il rischio "è che ci si rivolga alla porta d'ingresso del Ssn che è il pronto soccorso".

"Da tempo – prosegue il cardiologo – ci confrontiamo con apparecchi automatici che misurano, ad esempio, la pressione e capita che ci siano irregolarità nel dato. Nel tempo ne stanno arrivando di sempre più efficienti, ma il tema è cosa ne vogliamo fare. In altri Paesi a questi dispositivi indossabili è associato un contratto di gestione dell'emergenza. Ma parliamo di sistemi sanitari diversi dal nostro".

"Quindi – conclude Colivicchi – siamo d'accordo che nel futuro avranno sempre più spazio, recenti studi anche italiani hanno accertato come alcuni possano davvero dare ottimi risultati in termini di diagnostica. Ma dobbiamo anche stare attenti ai falsi allarmi: possiamo essere di fronte ad un evento parossistico che poi scompare, oppure dobbiamo gestire delle criticità. Oggi il passo da fare è capire come aiutare chi li indossa a non sentirsi solo davanti ad una possibile emergenza".